Marco Vannini, la criminologa: “Ciontoli spieghi chi sta coprendo”

Marco Vannini e Martina Ciontoli (foto dal web)

Oggi è stato il giorno della tanto attesa super perizia nel processo per la morte di Marco Vannini, il ragazzo di 20 anni di Cerveteri ucciso da un colpo di pistola sparato dal padre della sua fidanzata, un luogotenente della Marina militare di 48 anni, Antonio Ciontoli. Per il delitto, risultano indagati tutti i componenti della famiglia Ciontoli, oltre a Viola, la fidanzata del figlio di Antonio Ciontoli. Il processo è alle fasi cruciali e nei giorni scorsi sono stati ascoltati sia il genitore, che la figlia Martina. La perizia odierna conferma un aspetto cruciale: il ragazzo poteva salvarsi se soccorso in tempo.

A depositare la perizia, disposta dalla Corte D’Assise, presidente Anna Argento e giudice a latere, Sandro Di Lorenzo, sono stati i professori Antonio Oliva, Francesco Alessandrini e  Andrea Arcangeli, che scrivono: “In estrema sintesi, una tempestiva attivazione del corretto iter diagnostico- terapeutico avrebbe garantito al Vannini l’accesso ad un livello adeguato di cure ed allo stesso tempo contrastato l’insorgenza delle complicanze postoperatorie o delle sequele dello shock ipovolemico potratto, scongiurandone, con elevata probabilità, l’exitus”.

Antonio Ciontoli ha sempre parlato di colpo partito per caso, ma chi non crede a questa versione dei fatti è la criminologa Roberta Bruzzone, la quale è intervenuta sul settimanale ‘Giallo’ rilevando: “A suo dire, lui sarebbe entrato in bagno mentre Marco si lavava in compagnia di Martina, proprio per evitare che i due ragazzi prendessero le armi. E mi domando: perché avrebbero dovuto prenderle proprio in tale frangente? Ma, soprattutto, la stanza da bagno, luogo tra i più frequentati di un’abitazione, mi sembra una scelta alquanto bizzarra per tenere le armi ‘al sicuro’”. Ci sarebbero insomma delle incongruenze nel racconto per cui Roberta Bruzzone avanza l’ipotesi che Antonio Ciontoli in qualche modo si sia addossato le responsabilità per coprire altri componenti della famiglia. Ipotesi che peraltro trova riscontro nella deposizione di Manlio Amadori, brigadiere in servizio nella caserma di Ladispoli, il quale ha affermato: “Ciontoli padre era entrato nella mia stanza in caserma dicendomi che non poteva andare avanti nel racconto, non poteva dire tutto perché altrimenti avrebbe inguaiato il figlio Federico”.