Esistono due modi antitetici per parlare di una realtà editoriale di successo e condurre un’indagine “giornalistica” e obiettiva. Il primo è quello di esaminarne i risultati partendo dal presupposto che il successo può dipendere da molti fattori – talvolta caso o fortuna – ma tra questi ci deve essere il desiderio d’investire, rischiare e mettersi in gioco di un imprenditore. Dopo di lui c’è il lavoro di persone che tentano di capire la realtà e di focalizzarla nella costruzione di una narrazione quotidiana libera, non sovvenzionata, e per certi aspetti innovativa, lontana dai condizionamenti politici e pressioni lobbistiche. Un’indagine di questa natura non risparmierà critiche e non avrà timore di mostrare perplessità, nel caso ravvedesse ragioni per esse, ma si terrà lontana da tesi precostituite e da finalità diverse da quelle propriamente giornalistiche.
Un secondo metodo è quello di muovere una guerra a tutto campo nei confronti di una realtà editoriale partendo da un dato incontrovertibile: il successo che questa realtà sta ottenendo. Un successo che un esiguo gruppo di persone è stato in grado di realizzare in pochi anni, contando su risorse infinitamente inferiori ai grandi gruppi cui ora si trova accostato. E, a conti fatti, è questo il problema. Non giriamoci intorno: si chiama invidia.
L’attacco che il sito inglese BuzzFeed ha sferrato nei confronti di Web365 – di cui DirettaNews fa parte – nasce da un’indagine apparentemente giornalistica che sembra muovere da ragioni concorrenziali e politiche: la tempistica, l’immediato rilancio della notizia da parte di “Repubblica” parlano il linguaggio della denigrazione a priori, di allusioni e tesi preconcette con accuse generiche e paradossali.
E’ evidente che la pretesa indagine di BuzzFeed non avrebbe avuto ragione di essere se non per essere ripresa dalla nostra stampa. Si nota un’anomalia che questo gioco di rimandi non riesce a cancellare: il fendente sembra avere origini e mandanti nell’editoria “forte” e politicamente orientata del nostro Paese.
Del resto quale interesse poteva avere BuzzFeed per Web365, un nome sconosciuto per i lettori d’oltreoceano? Il sito americano sembra così muovere guerra per conto terzi: realtà editoriali potentissime – quanto accaduto appare emblematico – che si sono viste affiancate da un piccolo, talvolta ineguagliabile, concorrente.
Un competitor leale avrebbe accettato la sfida e accettato di confrontarsi con Direttanews sullo stesso campo. Altri preferiscono tentare di abbatterlo, eliminando una voce libera, incondizionata e non condizionabile per ricavarne una duplice utilità: l’eliminazione di un concorrente sul social – un interlocutore liberamente scelto da tre milioni di persone – e un potenziale ostacolo all’informazione uniforme e allineata a cui gruppi di potere da sempre tendono. Mettere mano nei social sembra ora l’obiettivo, epurando possibili voci di dissenso dopo averle marchiate come fakenews. Negli ultimi mesi la tassazione dei social network da parte dei governi è diventato un tema cruciale: è un’ arma con cui si possono creare pressioni e ottenere l’epurazione dai social di soggetti potenzialmente scomodi.
Per capire bene cosa è accaduto occorre considerare le imminenti elezioni, dove la politica – una politica spesso lontana dal sentire della gente – gioca una partita cruciale: “Perchè lasciare libero un gruppo che ha compreso il malessere che è stato alla base della sconfitta nel referendum sull’abolizione del Senato? Questa pagina è meglio provare a farla chiudere” può aver pensato qualcuno.
Questa appare al momento un’ipotesi non priva di fondamento: BuzzFeed avrebbe sollecitato FB perchè oscurasse Direttanews. Certo è che la chiusura della pagina risulta avvenuta pochi minuti dopo la pubblicazione dell’articolo. La Presidente della Camera, Laura Boldrini, si è mostrata compiaciuta per la decisione di FB, complimentandosi pubblicamente con gli autori dell’articolo su BuzzFeed.
Ma è stato davvero BuzzFeed o questi ha agito per conto terzi, portando a compimento un disegno preordinato?
Agli italiani si è offerta una “verità” di comodo: costruendo e gonfiando il caso, alludendo sempre ad altro, parlando di fakenews come di elemento portante e caratterizzante il gruppo. E’ falso. A conti fatti la vera fake sembra essere la tesi diffusa da BuzzFeed, ripresa acriticamente da altre testate, una tesi che descrive la realtà di Web365 come tesa a costruire notizie a tavolino per oscuri motivi politici. Questa tesi si basa su mere speculazioni e suggestioni. Web365 ha da tempo operato controlli sistematici per eliminare “copia e incolla” dal lavoro dei redattori – un problema diffuso, che coinvolge gran parte delle testate italiane ed estere. E’ possibile che alcuni tra i quasi 160.000 articoli pubblicati da Direttanews risulti simile ad altri dello stesso tema, ma questo accade a tutte le testate giornalistiche il cui lavoro, come sappiamo, si basa in gran parte sui lanci d’agenzia. Perchè questa criticità viene imputata a Web365 e perchè ora?
Siamo liberi di credere che le politiche migratorie dell’Europa siano fallimentari, che la famiglia vada tutelata, che l’identità culturale dell’Europa e dell’Italia debbano essere salvaguardate, che le politiche del lavoro dei recenti governi italiani hanno distrutto certezze e tutele senza offrire alternative o prospettive, che dinanzi alla violenza, in particolare contro le donne e i più deboli, la giustizia italiana è apparsa spesso inefficace e incomprensibile, la tassazione è esorbitante, la burocrazia insostenibile. Il Governo e la maggioranza in Parlamento potrà non essere d’accordo con noi ma queste sono opinioni, non fakenews. Peraltro la pressoché totalità delle notizie di Diretta riguardano fatti di cronaca italiana, diffusi dalle agenzie, e fatti di cronaca estera con indicazioni delle fonti. Anche qui: può accadere di riprendere notizie risultate in seguito inesatte – accade anche al Corriere, alla Stampa e a Repubblica – ma parlare di “notizie false” come di un preordinato disegno editoriale è una tesi di comodo intesa ad abbattere il gruppo editoriale.
BuzzFeed sembra inoltre non saper distinguere tra una notizia falsa e titoli ad effetto. La differenza è enorme, per chi vuole capirlo. Titoli ad effetto se ne leggono ogni giorno su Repubblica, sull’Huffington Post, sul Fatto Quotidiano, sul Messaggero e anche su BuzzFeed ma questi non rendono le notizie false. I titoli su FB, in particolare, devono essere sintesi ed invito alla lettura e parlano un linguaggio nuovo, diverso dalla carta stampata: i titoli rispondono a regole “non scritte” costrette dalla velocità che la fruizione social impone. L’intento è certo quello di far leggere la notizia. Ma anche qui occorre essere onesti e obiettivi: voler far leggere i propri articoli accomuna tutti i giornali, da Repubblica alla Stampa. Nulla di male in questo. Perchè viene imputato solo a Diretta. E perchè ora?
Su Diretta – come su altre realtà editoriali – ci possono essere errori, ma le critiche e le repliche – con eventuale rettifica – sono parte della dialettica e motivo di crescita di una testata. Correttezza vorrebbe che il titolo, l’articolo, la notizia asserita falsa, siano puntualmente contestate. Caso per caso. Si dovrebbe appurare, con certezza, quante notizie errate o imprecise sono state diffuse da Direttanews e se solo da essa. Siamo certi che tutte risulterebbero riprese da altre testate e, tra queste, molte tra quelle che hanno riportato la pretesa inchiesta di BuzzFeed, fingendosi immacolate. La guerra alle fakenews è interesse di tutti ma le accuse generiche non possono diventare uno strumento per cancellare una realtà editoriale. Costruire una tesi, basandosi su pochi elementi superficiali, senza mai entrare nel merito, non è corretto. Condannare senza processo è ingiusto. Cancellare dal social una realtà editoriale seguita da tre milioni di persone, senza offrirgli possibilità di difesa, compromettendone gli esiti economici e il destino personale e famigliare di chi ci lavora è crudele. Se e quando l’attacco viene dall’esterno, con un’inchiesta che sembra pianificata ad arte, ripresa e amplificata acriticamente da diretti concorrenti, applaudita dal Presidente della Camera – alla quale non imputiamo la malafede, ma l’adesione acritica ad una tesi senza ascoltare la parte coinvolta – diventa qualcosa di diverso. E’ il segno che qualcosa di grave sta accadendo.
FB è stato pensato come un punto d’incontro di milioni di persone, una comunità vasta e variegata dove il confronto, la condivisione, la polemica, la protesta su ogni aspetto della vita rappresentano le strutture portanti. La mission di questo social è inclusiva e nasce dall’intuizione di un imprenditore che ha immaginato una comunità globale, capace di accogliere e confrontarsi con il dissenso e le voci non allineate, senza prediligere alcune a scapito di altre. E’ questa la sua forza. FB ha mezzi e anticorpi per correggere errori e migliorare i contenuti delle pagine, senza cancellare da un giorno all’altro una realtà così significativa, resistendo a pressioni provenienti dalla concorrenza, dalla politica o da gruppi di potere spietati che, spesso, sono l’unione tra queste due realtà. Confidiamo nella capacità del social di rivedere le proprie posizioni, vagliare attentamente ogni aspetto della problematica che ha coinvolto Web 365 e di giungere a esiti più giusti per tutti. FB ha dimostrato questa libertà e questo coraggio. Chiediamo di farlo ancora una volta.
Noi confidiamo in questo. E proviamo a ripartire da qui.
La Redazione