
Dopo due anni di blocco, nel 2018 le pensioni vedranno un aumento in virtù dell’adeguamento al costo della vita. Si parla di incrementi non certo eclatanti: nel migliore dei casi, potranno arrivare a 260 euro all’anno. La rivalutazione riguarderà non solo le pensioni, ma anche prestazioni come l’assegno sociale, i vitalizi e l’invalidità civile. Per chi prende mille euro lordi al mese, l’aumento sarà di 11 euro. Per chi ne prende 1.600, sarà di 16,72 euro. Solo un euro in più, invece, per chi percepisce almeno 2.100 euro con un aumento di 17,33 euro. Nell’anno beneficerà di un aumento di 72 euro chi percepisce una pensione minima. Per chi supera la soglia dei 1000 euro lordi ci sarà un aumento di 143 euro, mentre per chi incassa un assegno da un minimo di 1.500 euro a 3.000 euro al mese l’incremento sarà da 200 a 260 euro l’anno.
Va da sé che l’argomento divide il fronte sindacale. La Cgil ha detto “no” al piano del governo che prevede di innalzare l’età pensionabile a 67 anni, esentando quanti appartengono alle 15 categorie di lavori gravosi. Ma il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha detto chiaro e tondo che le proposte della Cgil non possono essere accolte: “Quello che il governo pensava fosse possibile fare lo ha portato al tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali – ha affermato – . Noi siamo comunque convinti che questo sforzo sia stato uno sforzo positivo. E che il dialogo sia comunque un elemento di positività. Abbiamo portato dentro la legge di Bilancio quelle che erano, secondo il nostro parere, le condizioni possibili e gli interventi che era possibile fare in questa fase”. “Peraltro – ha osservato in conclusione – nello stesso documento che abbiamo consegnato alle organizzazioni sindacali abbiamo ribadito che per noi il dialogo e il confronto rimane aperto e quindi ci sarà la possibilità di continuare a discutere”.
EDS