
“C’è un equivoco”, così si era difeso il giovane sindaco renziano di Mantova, Mattia Palazzi, accusato di aver chiesto favori sessuali in cambio di fondi pubblici alla rappresentante di un’associazione culturale. Eppure quegli sms sembravano parlare chiaro e mettere alle corde il primo cittadino. “Ricordati che qui decide il sindaco”, “Staresti bene messa a …, sei una birichina”, “Vieni qui che ti…”, era il contenuto di alcuni di questi. Invece Mattia Palazzi diceva la verità: per questo la Procura ha chiesto l’archiviazione dell’indagine per tentata concussione continuata.
In sostanza, Mattia Palazzi da carnefice diventa la vittima: sembra che quegli sms fossero artefatti. La donna ora è indagata per il reato di false informazioni al pm, rese nel suo primo interrogatorio. Nel corso di un nuovo interrogatorio, infatti, avrebbe ammesso di aver alterato i messaggi della chat erotica tra lei e il sindaco, per poi inviarle a terze persone, ignare di quelle manomissioni. “La mia vita privata è stata devastata. E’ un inaccettabile gioco al massacro, che non auguro a nessuno di vivere”, aveva detto il primo cittadino dopo quanto accaduto. Ora, invece, commenta: “Ho vissuto un incubo ma ho sempre avuto fiducia nella magistratura e ringrazio la procura per la velocità e la serietà delle indagini”.
GM