
E’ ora di dire basta alla “caccia alle streghe” e chiarire che il “femminismo non significa odiare gli uomini e la sessualità”: infatti “la violenza è un crimine ma il ‘rimorchio’ insistente o maldestro non è un reato, né la galanteria è un’aggressione”. Così si legge in una lettera aperta pubblicata su Le Monde e firmata da un collettivo di 100 donne, tra cui Catherine Deneuve e molte altre attrici, registe, scrittrici e giornaliste. Una presa di posizione, la loro, contro l’ondata “puritana” emersa dopo il caso Weinstein. Secondo le autrici dell’appello, iniziative come #MeToo hanno avuto il merito di “liberare la parola” delle donne, ma hanno anche “comportato, sulla stampa e sui social network, una campagna di delazioni e accuse pubbliche di individui che, senza che si lasci loro la possibilità di rispondere o di difendersi, vengono messi esattamente sullo stesso piano di violentatori”.
Secondo Deneuve e le altre, “questa giustizia sbrigativa ha già fatto le sue vittime, uomini puniti nell’esercizio del loro lavoro, costretti a dimettersi, avendo avuto come unico torto quello di aver toccato un ginocchio, tentato di strappare un bacio, o aver parlato di cose ‘intime’ in una cena di lavoro, o aver inviato messaggi a connotazione sessuale a una donna che non era egualmente attirata sessualmente”. Occorre dunque fare una netta distinzione fra la “violenza sessuale”, che è “un crimine” e il “rimorchio” che “non è neppure un reato”, e dichiarano controcorrente: “Noi difendiamo la libertà di importunare, indispensabile alla libertà sessuale”, siamo “abbastanza mature” da “non confondere un goffo tentativo di rimorchio da un’aggressione sessuale”.
EDS