
E’ iniziato ieri il processo derivante dall’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi che vede tra gli imputati cinque Carabinieri: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, coloro che arrestarono Cucchi e tutti accusati di omicidio preterintenzionale, il maresciallo Roberto Mandolini, che risponde dei reati di calunnia e falso, e Vincenzo Nicolardi che insieme a Tedesco risponde di calunnia nei confronti di tre agenti della penitenziaria che furono processati e poi assolti in maniera definitiva.
Ieri c’è stato dunque il primo atto con l’audizione del vicequestore Stefano Signoretti che all’epoca dei fatti dirigente della prima sezione della Squadra mobile di Roma in qualità di firmatario della maxi-informativa sulla vicenda dove sono contenuti tutti i fatti accaduti e ricostruiti. Ieri si sono ripercorse le varie fasi: l’arresto di Cucchi, il giro in diverse strutture ospedaliere e poi il decesso all’Ospedale Pertini. I punti chiave emersi sono il mancato fotosegnalamento di Cucchi e le intercettazioni fatte tra gli imputati e i colleghi: “Tutti avevano preoccupazione di quanto era avvenuto al momento del mancato fotosegnalamento in modo ossessivo”, ha detto Signoretti, e “alcuni degli imputati volevano concordare una versione dei fatti univoca da fornire all’Autorità giudiziaria”.
L’avvocato Fabio Anselmo, legale storico della famiglia Cucchi, ha spiegato: “Oggi si comincia a capire perfettamente tutto quello che è successo e la dimensione effettiva di quello che è accaduto realmente. Possiamo dire che questa seconda inchiesta è su un piano completamente diverso e il pm Giovanni Musarò sta dimostrando tutta la sua bravura e quella precisione che avevamo già percepito nella fase delle indagini. Onore al merito anche al vicequestore Signoretti; vorremmo che tutti i poliziotti fossero come lui”.
F.B.