Beatrice Arnera, chi è la protagonista di Romolo+Giuly

Beatrice Arnera, ecco chi è la protagonista di Romolo+Giuly

Beatrice Arnera, classe 1995, nasce a Acqui Terme. Vive a Roma dove frequenta il corso di Cinematografia e Teatro diretto dalla professoressa Rosignoli. Tra i suoi film si ricordano: “Noi Eravamo”, “Non c’è campo”, “Il Commissario Montalbano: Un covo di vipere”, “Addio Fottuti Musi Verdi” e “Romolo+Giuly”. A 17, principalmente per motivi di necessità, è uscita di casa. Alla Mostra di Venezia è stata premiata come giovane promessa del cinema italiano. La sua più grande dote, dice, è quella di essere una spugna per l’abilità di saper ripetere alla perfezione i comportamenti altrui.

Beatrice Arnera, l’intervista alla promessa del cinema

Bella, brava, promettente e caparbia. Beatrice Arnera ha deciso di raccontare da sola l’entrata nel mondo del cinema.

“Sono una curiosa osservatrice, per indole. Quando ero piccola, 5 anni al massimo, giocavo con mio nonno a Biancaneve e gli facevo ripetere la stessa scena per venti, trenta, mille volte. Iniziava così: lui si avvicinava a me con uno strofinaccio in testa, tutto ricurvo su se stesso, mi allungava una mela io la mordevo e cadevo al suolo (mia nonna puntualmente urlava, terrorizzata che mi facessi male!). Poi il nonno scompariva in un’altra stanza e tornava nel ruolo di principe al galoppo, facendo anche ‘cloppete cloppete’ come a simulare il rumore degli zoccoli del destriero, smontava da cavallo e giù baci per risvegliarmi. E ancora da capo. Raramente racconto questo aneddoto, ma è il ricordo più lontano e allo stesso tempo limpido che ho, di quanto mi sia sempre piaciuto ‘giocare a fare qualcun altro’. Forse è proprio questa la risposta alla domanda, mi sono sempre divertita, l’ho sempre fatto con spontaneità, naturalezza e curiosità. Non lo so, forse la verità è che non so se sono capace a fare qualcos’altro”.

Sulla nascita della sua passione per la recitazione: “La mia mamma è una cantante lirica, ho passato i primi anni della mia vita in giro con lei nei più bei teatri d’Italia e d’Europa. Durante le prove e gli spettacoli, mi mettevo in barcaccia – il palchetto rialzato più vicino ai lati del proscenio – e tra il velluto rosso delle poltrone e quell’odore di tabacco e polvere, che si trova solo nei teatri più vecchi, me ne stavo lì ad osservare, in silenzio. Mamma dice che disegnavo, disegnavo per ore e quando, a fine replica, mi chiedeva che cosa avessi disegnato, io rispondevo “la musica”. Credo che sia una fortuna immensa, nascere e respirare quell’aria fin da piccoli. Sono una fan accanita di Luca Marinelli, ma non posso non citare il mio grande amore Woody Allen, e la passione spettinata che nutro per Truffaut”.

M.D.G