Chi è Roberto Di Pinto, chef napoletano rientrato già nell’elite mondiale e nazionale. Storia e curiosità.
Roberto Di Pinto, nato a Napoli il 1982, è uno chef di fama nazionale. E’ il proprietario di ‘Sine’, ristorante aperto l’8 dicembre a Milano. Una meta raggiunta dopo un’enorme gavetta, iniziata come garzone nella pasticceria Scaturchio di Napoli e con tante altre tappe successive. Poco dopo, infatti, è entrato nel mondo ‘Starwood’, una catena alberghiera con la quale ha girato mezzo mondo.

Roberto Di Pinto, la storia
Una volta rientrato nel Ben Paese, ha prima fatta tappa a Firenze e poi a Milano. Nel 2000 c’è stato spazio anche per un’esperienza a Parigi con Vittorio Beltramelli, allievo di Gualtiero Marchesi e di Ferran Adrià. Poi l’iniziativa personale.
E’ orgoglioso di essere rientrato nell’elite mondiale e soprattutto di rappresentare l’Italia. Così si è espresso in una recente intervista: “Rene Redzepi mi parlava con entusiasmo di come alcuni ricercatori avessero appena trovato 50 nuove specie di alghe a Copenaghen. Con tutto il rispetto per le alghe, in Italia basta mettere una mano fuori dalla finestra per mettere cose incredibili! Al Bulgari in cui crescono decine di erbe spontanee senza che io faccia niente. Come diceva Paul Bocuse, “L’egemonia culinaria francese durerà sino al momento in cui gli chef italiani si renderanno conto dell’enorme patrimonio che hanno a disposizione”. All’estero però gli chef sono sicuramente più bravi nell’innovare e nel crescere”.
Vive il lavoro come passione e condivisione, né concorrenza o altro: “Vedo unione nei giovani chef, quelli della mia generazione, o nei grandi chef. Penso ad esempio a persone come Andrea Berton, Carlo Cracco o Gennaro Esposito – mio grande maestro e amico – che non ti fanno sentire la differenza tra loro e te, ti mandano clienti e cercano di creare una comunità. Invece c’è una fascia media che ha solo voglia di dire “Sono più bravo di te”. Per me tutti i professionisti cucinano bene se lo fanno con con amore, poi ognuno ha il suo pubblico. Non puoi dire che i Queen erano meglio di Michael Jackson, o che i Daft Punk non valgono niente perché tu ami Pavarotti: sono semplicemente due cose diverse.
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