20 anni alla ricerca della verità su Serena, è morto ieri Guglielmo Mollicone: ha lottato fino all’ultima alla ricerca dei colpevoli di un grave delitto.
Si è spento ieri a 72 anni Guglielmo Mollicone, papà di Serena. La ragazza venne uccisa il primo giugno di 19 anni fa. Per quasi quattro lustri, l’uomo aveva combattuto alla ricerca della verità sulla morte di sua figlia. Una battaglia durissima, finché lo scorso novembre era stato colpito da un infarto. Da allora era ricoverato in una struttura di lungodegenza. Il decesso di ieri arriva in un momento importante per quanto riguarda la vicenda giudiziaria del caso Mollicone. Infatti, i 5 indagati del delitto, l’ex maresciallo dei carabinieri di Arce Franco Mottola, la moglie, il figlio Marco, e altri due carabinieri, sono in attesa del rinvio a giudizio.
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La morte di Guglielmo Mollicone: le sue ultime parole per la figlia Serena
Secondo la procura di Cassino, Serena Mollicone sarebbe stata uccisa “con una spinta contro una porta, data la riscontrata perfetta compatibilità tra le lesioni riportate dalla vittima e la rottura di una porta collocata in caserma”. L’accusa sostiene anche che ci sarebbe stata “la perfetta compatibilità tra i microframmenti rinvenuti sul nastro adesivo che avvolgeva il capo della vittima ed il legno della suddetta porta, così come con il coperchio di una caldaia della caserma”.
Una delle ultime dichiarazioni pubbliche del padre Guglielmo, poco prima di quell’infarto dal quale di fatto non si mai ripreso, era piena di speranza. Disse l’uomo: “La verità verrà fuori totalmente e chi ha sbagliato deve pagare. Io fin dall’inizio ho sempre sostenuto questa tesi. Con indagini ben fatte si è constatato che è successo quello che io, già allora, sostenevo. Serena non aveva nemici, né io avevo nemici così crudeli da ucciderla. Serena era andata in caserma per denunciare un giro di droga e l’hanno massacrata. Manca addirittura l’organo genitale e una parte della fronte”.
Il caso della morte di Serena Mollicone: le indagini
La morte di Serena Mollicone, noto all’opinione pubblica anche come il giallo di Arce, per anni ha riempito le pagine di cronaca. La ragazza, studentessa del quinto anno di liceo e appassionata di musica, venne ritrovata morta due giorni dopo la scomparsa. Il suo cadavere era in località Fontecupa, nel boschetto dell’Anitrella. L’ultimo a essere certo di averla vista in vita fu un panettiere del posto, presso il quale la giovane si era recata. Quindi sarebbe stata vista nella piazza principale. Poi solo nebbia e omertà, per quasi vent’anni. Il primo a essere accusato del suo omicidio, in base ad alcuni indizi raccolti, fu il carrozziere Carmine Belli di Rocca d’Arce, assolto in Cassazione nel 2004.
Nel 2008, c’è un suicidio che di fatto riapre le indagini, quello del carabiniere Santino Tuzi: l’uomo qualche giorno prima di uccidersi era stato interrogato e aveva raccontato di aver visto Serena Mollicone entrare nella caserma di Arce la mattina del primo giugno intorno alle undici. Aveva anche sostenuto che almeno fino alle 14.30, quando lui staccò dal turno, la ragazza non sarebbe uscita. Quelle dichiarazioni e il suo suicidio, definito anomalo, portarono poi a nuove indagini. Nel giugno 2011, si è arrivati all’iscrizione nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere l’ex maresciallo Franco Mottola, sua moglie e suo figlio Marco.
Da allora sono passati altri otto anni e solo nell’aprile 2019 si sono chiuse le indagini con la richiesta di rinvio a giudizio di 5 persone, ovvero la famiglia Mottola e due altri carabinieri. Questi sono il sottoufficiale Vincenzo Quatrale, indagato per concorso in omicidio e il carabiniere Francesco Suprano per favoreggiamento.