Centinaia di gol in carriera, ragazzo prodigio del calcio durante l’università: Ken Snow, ex attaccante degli Usa, morto a causa del Coronavirus.
Ken Snow, classe 1969, due volte vincitore del Trofeo Hermann come miglior calciatore universitario nel 1988 e 1990, per otto anni professionista, specializzato nei campionati indoor e due volte convocato in nazionale, è morto a 50 anni. Secondo quanto si apprende, è vittima di Coronavirus. L’ex attaccante, nella sua carriera, ha realizzato centinaia di gol. L’ex portiere Stan Anderson – ai tempi del college – ha giocato nella rivale Palatine High School e ricorda: “Ha segnato in 47 partite consecutive, era un talento di livello superiore”.
Leggi anche –> Coronavirus, il virologo Silvestri: “Basta fare i catastrofisti”
Chi era l’ex attaccante Ken Snow, ucciso dal Coronavirus
Nato a Arlington Heights, Illinois, fratello di Steve – come lui attaccante e detentore del record di partite consecutive con gol – ha frequentato l’Università dell’Indiana, dove ha giocato a calcio NCAA. Durante quegli anni ha collezionato 84 gol e 28 assist. Come avviene per molti calciatori di serie minori, la sua carriera è di fatto impossibile da ricostruire. Laureatosi nel 1990, ha firmato con la Miami Freedom, formazione dell’American Professional Soccer League dove ha segnato cinque gol in undici partite. Ha quindi militato a lungo in formazioni di calcio indoor.
Anche in questo caso, ha inanellato un record dietro l’altro a livello di marcature. Non ha avuto altrettanta fortuna con la MLS: per due volte si è affacciato senza fortuna nel massimo campionato statunitense. Ken Snow ha giocato due partite con la squadra nazionale di calcio maschile degli Stati Uniti nel 1988, ma non ha segnato gol. Il suo esordito è arrivato in una vittoria per 1-0 sul Guatemala il 13 gennaio 1988. Ha sostituito Joey Kirk. Il suo secondo gettone di presenza arrivò sei mesi dopo in un’altra vittoria per 1-0, contro il Costa Rica il 14 giugno 1988. Ha iniziato e giocato l’intero match. Il calciatore è stato trovato morto in casa: chi lo conosceva, dice che era determinato a sconfiggere il virus, ma aveva rifiutato il ricovero.
Leggi anche –> Coronavirus, 7 motivi per cui il virus oggi fa meno paura