La banca più antica d’Italia deve ottemperare al piano di ristrutturazione imposto dall’Unione Europea. Ecco cosa succederà.
La storia
La storia del Monte dei Paschi di Siena è fusa con quella della città in cui è stata fondata. Nata nel 1472 come monte di pietà per dare sostegno ai poveri, ben presto la sua attività incorporò anche il credito fondiario ai possessori di terreni.
Per secoli la banca è stata il fiore all’occhiello della città di Siena prima, della Toscana poi fino a diventare, negli anni Novanta, la quarta banca italiana. Nel 1995 l’Istituto si sdoppiò in due enti distinti: la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e la Fondazione Monte dei Paschi di Siena, quest’ultimo un ente senza scopo di lucro che si occupava di beneficenza, cultura, ricerca, istruzione e sanità.

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La crisi
Risale agli anni Duemila il declino del gruppo, dopo la decisione di quotarsi in borsa nel 1999. La spallata la diede l’allora presidente Giuseppe Mussari che spinse per l’acquisizione di Banca Antonveneta per 10 miliardi di euro.
Molti giudicarono l’acquisto “l’affare dell’anno” e di sicuro lo fu per il Banco Santander che riuscì a liberarsi da una banca in cattive acque. Per quell’affare Mps chiuse con un ingente passivo che costrinse il gruppo ad una pesante ristrutturazione. Il passivo di 20 miliardi di euro costrinse lo stato al salvataggio con denaro pubblico.
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Questo matrimonio s’ha da fare
Unicredit sta valutando cosa se acquisire il gruppo senese, sempre che vengano cassati i crediti deteriorati, snellito degli esuberi e ricapitalizzato. Nel frattempo è prevista la “razionalizzazione” degli sportelli in alcune regioni d’Italia.
Ecco l’elenco: in Toscana ne chiuderanno 8, in Lombardia 1, in Piemonte 1, in Liguria 1, in Veneto 4, in Friuli 3, in Emilia Romagna 6, nelle Marche 1, nel Lazio 6, in Umbria 1, in Campania 4, in Calabria 2, in Puglia 1 e in Sicilia 1.
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La chiusura inciderebbe su 843 dipendenti e le loro famiglie, ma i sindacati non ci stanno e minacciano battaglia a colpi di sciopero per comportamento antisindacale.
Ovviamente tale decisione e la chiusura delle filiali non inciderà sui risparmi e gli investimenti dei correntisti, almeno è quello che viene dichiarato dall’istituto.