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Curiosità

La Cina ci “ruba” Sinner: l’inquietante scenario tracciato da un giornalista americano

Dal tennis alla Formula 1, una fascia elettronica apre scenari inquietanti. L’inchiesta americana cita Sinner e altri campioni, tra sport, tecnologia e sospetti geopolitici

La Cina ci “ruba” Sinner: l’inquietante scenario tracciato da un giornalista americano (AnsaFoto) – direttanews.it

Non è un titolo da romanzo distopico, ma la sintesi di un’inchiesta che ha fatto sobbalzare il mondo dello sport. A metterla sul tavolo è Pablo Torre, giornalista americano con un passato alla ESPN, che nel suo programma Pablo Torre Finds Out ha raccontato una storia difficile da ignorare.

Al centro ci sarebbe una fascia elettronica chiamata FocusCalm, prodotta da BrainCo, una start-up fondata a Harvard ma con radici profonde in Cina. Non un gadget qualunque, ma un dispositivo che registra l’attività cerebrale e promette di migliorare concentrazione e rilassamento. Una sorta di “allenatore mentale” che negli ultimi anni è stato utilizzato da sportivi di livello assoluto.

Tra i nomi emersi spicca quello di Jannik Sinner, il nostro numero 2 al mondo. Accanto a lui, l’indagine cita anche Charles Leclerc, Iga Swiatek e Mikaela Shiffrin, oltre a squadre universitarie americane e persino club calcistici come il Manchester City. L’idea, in apparenza innocua, è che i dati raccolti dal dispositivo aiutino a ridurre lo stress e a massimizzare la performance.

Il punto è che quei dati non sarebbero rimasti confinati nell’app. Secondo quanto riportato, sarebbero invece finiti su server accessibili anche dalla Cina. Ed è qui che la faccenda assume toni inquietanti: informazioni tanto sensibili potrebbero essere sfruttate non solo per scopi sportivi, ma persino per la creazione di soldati “super concentrati” o di sistemi robotici più efficienti.

Privacy e sospetti geopolitici: cosa emerge dall’indagine sulla Cina

La stessa BrainCo ha sempre sostenuto che i dati vengano cancellati dopo ogni sessione. Eppure, documenti analizzati da Hunterbrook Media e da Torre parlano di un uso del cloud e di finanziamenti legati a realtà vicine al governo di Pechino.

Privacy e sospetti geopolitici: cosa emerge dall’indagine sulla Cina (ansafoto) – direttanews.it

Non c’è al momento una prova definitiva che colleghi le sessioni di Sinner o di altri atleti a progetti militari, ma l’ipotesi è stata lanciata e ha già sollevato molte polemiche.

L’ombra della geopolitica incombe: in un mondo in cui la tecnologia è terreno di scontro tra grandi potenze, anche lo sport può diventare un bacino da cui attingere per scopi ben diversi dalla competizione. E il confine tra allenamento e sorveglianza rischia di farsi sottilissimo.

Per un atleta di oggi non si tratta più solo di allenare muscoli e resistenza, ma anche di proteggere i propri dati. Un tempo si temeva lo spionaggio sugli schemi tattici, oggi il rischio è che finiscano in mano a qualcun altro i tracciati cerebrali.

Il caso Sinner è un campanello d’allarme che va oltre il tennis, perché chiunque usi dispositivi “smart” per migliorare la propria prestazione si trova di fronte allo stesso dilemma.

L’inchiesta non ci dice che i dati degli atleti siano già finiti in un laboratorio militare, ma ci mette davanti a una domanda scomoda: siamo davvero consapevoli del prezzo che paghiamo quando lasciamo che anche la nostra mente diventi un dato da archiviare?

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