AFGHANISTAN / Guerra, aumenta il numero dei soldati caduti: dal 2001 uccisi oltre 2mila militari Nato

AFGHANISTAN – Più combattimenti corrispondono a più perdite. E’ questa la spiegazione che ruota intorno all’incremento dei caduti negli ultimi mesi nella guerra che si sta combattendo dall’ottobre 2001, quando iniziò l’operazione ‘Enduring Freedom’, in Afghanistan tra la coalizione militare internazionale e i Talebani. Un escalation dei combattimenti che è conseguente alla nuova strategia adottata dalle forze militari internazionali nel Paese asiatico per cacciare i talebani dalle loro roccaforti nelle province di Helmand e Kandahar, nel sud del Paese dove sono in corso diverse operazioni militari.

Il mese d’agosto, appena conclusosi, è stato, con 79 soldati stranieri uccisi, uno dei mesi più insanguinati, ma di certo non il più insanguinato. Questo triste primato, spetta per ora, al mese di giugno 2010 con 102 morti. Tutto questo però, avviene nel momento in cui la guerra in Afghanistan è sempre più impopolare nell’opinione pubblica negli Stati Uniti e in molti altri Paesi, Gran Bretagna in testa, e malgrado siano giunti nel Paese rinforzi. Altri soldati che hanno di fatto portato il numero totale degli uomini del contingente della coalizione internazionali dispiegati nell’Afghanistan a 140mila soldati puntando ad incrementarli a 150mila entro fine anno. Un massiccio dispiegamento di uomini che in verità non ha intimorito gli insorti Talebani e i loro alleati tanto è vero che questi non hanno smesso di rafforzarsi e di accrescere in tutto il Paese.

Questo ha innescato sempre più violenze, le peggiori degli ultimi tre anni, con cui i ribelli sono riusciti a infliggere gravi perdite alle truppe straniere. Le perdite più pesanti mai registrate, nelle fila della coalizione, nei nove anni di guerra. Sono in tutto 2.057 i militari stranieri caduti in Afghanistan, dal 2001 ad oggi. Un prezzo molto alto pagato, per difendere la debole democrazia afghana, dagli uomini della coalizione internazionale composta da oltre 42 Paesi. Tra tutti sono gli USA ad aver lasciato sul terreno il maggior numero di morti. Sono 1269 i soldati americani morti in nove anni. Un triste primato che è condiviso con la Gran Bretagna, che di uomini però, ne ha persi 332, e Canada con i suoi 152 caduti. Il contingente USA e britannico, il primo con circa 100mila uomini e il secondo con 10mila, costituiscono i due contingenti più numerosi e forse anche per questo quelli che hanno pagato un tributo in vite umane più alto.

Altri 304 morti sono ripartiti tra i caduti dei contingenti degli altri Paesi. Tra questi i più numerosi sono 49 francesi, 42 tedeschi, 36 danesi, 30 spagnoli, 27 italiani, 24 olandesi, 20 polacchi, 15 rumeni. Con i suoi 489 morti in otto mesi, un bilancio, purtroppo, provvisorio, il 2010 si candida a diventare l’anno più sanguinoso per le truppe straniere in Afghanistan. Finora lo era stato il 2009 con 521 morti in 12 mesi però. Mentre invece, con 323 morti in otto mesi, il 2010 è già diventato l’anno più sanguinoso per i soldati americani in Afghanistan che lo scorso anno erano stati 317. Il mese di agosto per un verso però, per quanto riguarda i morti americani è stato il meno insanguinato. Questo, in quanto hanno perso la vita solo 56 militari statunitensi mentre a luglio erano stati 66 e a giugno 60. La maggior parte di loro sono caduti nel sud del Paese. Una morte dovuta in gran parte agli IED, Improvised Explosive Device, le bombe artigianali che esplodono al passaggio dei mezzi e dei militari, e che sono diventate l’arma più cara ai Talebani. Finora agli IED sono attribuibili almeno il 55 per cento dei morti in Afghanistan. Questi ordigni, facili da costruire, vengono, con una sempre maggiore frequenza, collocati lungo le strade percorse dai convogli militari, oltre che lungo i sentieri percorsi dai soldati a piedi durante i pattugliamenti. Un incremento delle vittime, quello in corso, che non fa presagire nulla di buono e conferma che l’attività della guerriglia talebana, come ammesso dallo stesso comandante in capo delle forze internazionali USA e NATO, Il generale americano, David Petraeus, si sta intensificando. Il generale Petraeus ha spiegato che si tratta della diretta conseguenza del maggior sforzo di guerra degli Stati Uniti. Il generale americano ha inoltre, spiegato che i fondamentalisti islamici agiscono con una simile violenza perché stanno perdendo le loro roccaforti.

Della stessa opinione anche il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen che si è detto certo che nei prossimi mesi si attende una intensificazione dei combattimenti. Definendo al contempo quella attuale una fase molto decisiva. In merito ieri anche il presidente americano, Barack Obama ha dichiarato nel corso di un discorso dallo Studio Ovale che: “gli Stati Uniti hanno affrontato una lotta molto dura in Afghanistan. Le vittime salgono perchè siamo sempre in lotta con al Qaeda e i Talebani”. Obama ha poi, confermato il ritiro delle truppe del contingente USA dall’Afghanistan a partire dal luglio del prossimo anno ad un ritmo che dipenderà dalle condizioni sul terreno. Un ritiro che rientra nel programma NATO che prevede il richiamo graduale del contingente Isaf dal Paese asiatico.

In proposito oggi il vice-premier britannico, Nick Clegg ha confermato che la missione militare britannica in Afghanistan si concluderà entro la fine del 2015. Una notizia che di fatto lascia spazio alle voci di un’ambigua volontà americana sui tempi del ritiro dal Paese asiatico. Se nel 2015 gli inglesi saranno ancora nel Paese vuol dire che gli americani pur cominciandosi ad andarsene nel 2011 quattro anni dopo saranno ancora lì a tenere ‘compagnia’ ai loro alleati. Del resto appena una settimana fa il comandante dei marines USA, il generale James Conway aveva detto che: “i talebani pensano di dover resistere fino al luglio 2011, ma non dovrebbero rallegrarsi troppo dato che non è previsto alcun massiccio ritiro di soldati USA dall’Afghanistan meridionale. Lasciando intendere in questo modo che il ritiro non sarebbe stato rapido. Un fatto questo che era stato implicitamente anticipato pochi giorni prima, dal generale Petraeus nel sottolineare di non ritenere l’11 luglio data ‘vincolante’.

Nel frattempo stime governative rivelano che le violenze dei Talebani in Afghanistan hanno provocato dal 23 luglio fino al 22 agosto scorsi la morte di 971 persone di cui 618 militanti, 229 civili e 124 agenti della polizia nazionale afghana. Mentre i feriti sono stati 434 civili, 232 agenti e 135 militanti. Inoltre sarebbero stati catturati 593 militanti. Cifre che parrebbero confermare la cruenza degli ultimi mesi di combattimenti.

Quella Afghana di fatto è una sorta di strage continua tanto è vero che nei soli ultimi 5 giorni, da venerdì ad ieri, hanno perso la vita nel Paese asiatico 23 militari stranieri, 21 dei quali americani. Il 22esimo è invece, di nazionalità estone, aveva 20 anni. L’ottavo soldato estone morto nel Paese da quando il governo di Tallin ha inviato un suo contingente militare in Afghanistan. Mentre con la morte annunciata dal Canada di uno dei suoi soldati ferito nei giorni scorsi i caduti sono diventati 23. Nella sola giornata di ieri sono morti ben 8 soldati della coalizione uccisi da mine artigianali e in scontri con i Talebani. Di questi 7 erano statunitensi. Altri sette americani erano rimasti uccisi domenica scorsa nel sud del Paese quando il blindato, Humvee su cui viaggiavano aveva toccato una mina. Altri sette erano morti tra il sabato e il venerdì precedenti. Mai si erano registrati tanti caduti in un sol giorno. Un vero e proprio bagno di sangue.

Ferdinando Pelliccia