2011: dalle rivolte degli indignati alle scoperte scientifiche è stato l’anno del cambiamento

2011 – Mai come in questo anno, così denso di eventi eccezionali e terribili, si può parlare di cambiamento. Il 2011 sembra proprio non volersene andare, aggrappato ai suoi colpi di scena fino all’ultimo minuto: è notizia di questa mattina la morte di Don Luigi Verzè, fondatore dell’ospedale milanese San Raffaele e indagato per bancarotta fraudolenta per il tracollo finanziario dell’ospedale stesso, che proprio oggi viene messo all’asta. Lo scandalo del San Raffaele, scoppiato la scorsa estate con il suicidio del braccio destro di Don Verzè Mario Cal, è l’ennesimo caso di corruzione in un’Italia avvinghiata nella spirale del malaffare e ora schiacciata dalla crisi del debito. Un Paese, il nostro, accartocciato su se stesso e con un disperato bisogno di rinnovamento per poter sopravvivere (aumento dell’età media della popolazione e continuo sfruttamento dei giovani non daranno nessun futuro all’Italia). Lo scorso novembre si è verificato il grande cambiamento di questo 2011 in Italia, con l’insediamento del governo tecnico guidato dal Professor Mario Monti, dopo la caduta clamorosa, e fino a poco tempo prima del tutto inaspettata, dell’inossidabile Cavalier Silvio Berlusconi, travolto dalla crisi economica e dal fuggi fuggi dei suoi parlamentari di fronte all’aggravarsi dei problemi dell’Italia e allo sgretolarsi dei consensi intorno al centro-destra che ha avuto il suo apice nel clamoroso risultato dei referendum di giugno, quando la maggioranza assoluta degli italiani ha detto no a nucleare, acqua privatizzata e legittimo impedimento, soprattutto quest’ultimo fortemente voluto dal Cavaliere.

Lo spread è stata una delle parole cruciali di questo 2011, un termine inglese del gergo finanziario che sta ad indicare la differenza tra i tassi dei nostri titoli di stato (Btp) decennali e quelli tedeschi (parametro di riferimento) e che per la sua pericolosa impennata (oltre una certa soglia può portare al default, cioè al fallimento di uno Stato) è finito sulla bocca di tutti; tanto che i napoletani con la loro classica ed irriverente inventiva gli hanno dedicato il fuoco d’artificio, illegale, di quest’anno: O sprèd.

Proprio la finanza, con l’altalena delle borse e le sue speculazioni feroci, è stata tra i protagonisti di questo 2011 di stravolgimenti. Messa sul banco degli imputati come principale responsabile della crisi scoppiata nel 2007/2008 negli Stati Uniti, che ha sconvolto il mondo e le nostre abitudini, e si è acuita in particolar modo in Europa nell’ultimo biennio, la finanza è stata l’obiettivo principale delle proteste dei cosiddetti indignati di tutto il mondo. La miccia è stata accesa in Tunisia, con le rivolte dei giovani privati più che altrove di qualunque futuro e che con l’impennata del prezzo dei cereali, che i padroni del capitalismo mondiale hanno pensato bene di legare al prezzo del petrolio, quest’anno salito alle stelle, hanno iniziato una guerra del pane che presto è divenuta ribellione contro regimi autoritari e corrotti. Così, ad uno ad uno, sono caduti in questo 2011 di rivolte ben tre regimi nord-africani: quelli di Tunisia, Egitto e infine Libia, in quest’ultimo caso con l’aiuto di una coalizione militare internazionale di Paesi tuttavia ben più interessati al petrolio libico che alla libertà dei libici. Primavera araba è stato ribattezzato questo grande e sorprendente movimento rivoluzionario che ha portato a proteste e rivolte in tutto il mondo arabo, non solo Tunisia, Egitto e Libia, ma anche Bahrein, Yemen e Siria. In Yemen, dopo l’attentato del giugno scorso, si è dimesso a fine anno il presidente Ali Abdullah Saleh, mentre la Siria è ancora sconvolta dalle repressioni violente del presidente Bashar al Assad contro la popolazione civile. I movimenti di protesta si sono ben presto estesi al resto del mondo, contro un capitalismo avido e vorace capace di riportare indietro nei secoli le condizioni di vita anche dei cittadini dell’evoluto Occidente, spazzando via decenni di lotte per l’eguaglianza e la giustizia economica e sociale. Così schiacciati da una pesante crisi economica e da una drammatica disoccupazione, che hanno presto segnato la fine del sogno progressista del premier socialista Zapatero, costringendolo alle dimissioni e ad indire elezioni anticipate, i giovani spagnoli hanno pensato bene di prendere ad esempio gli accampamenti di tende allestiti dai ragazzi di piazza Tahrir al Cairo, per protestare contro il regime di Hosni Mubarak, e hanno ricoperto di tende colorate la centralissima piazza di Puerta del Sol a Madrid. Indignati, indignados, si sono fatti chiamare, ispirandosi al titolo del pamphlet “Indignez Vous!”, “Indignatevi”, del partigiano francese ultranovantenne Stéphane Hessel, che ha puntato il dito proprio contro il divario crescente fra i “molto ricchi” e i “molto poveri” e contro “la dittatura dei mercati finanziari”, diventando un vero e proprio caso editoriale tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 raggiungendo il boom di vendite a livello mondiale. Le proteste degli indgnados spagnoli, partite a metà maggio e inizialmente snobbate da stampa e opinionisti, hanno presto fatto sentire la loro influenza al di là dell’Oceano e il 17 settembre un gruppo di anarchici americani e attivisti anti-capitalisti occupava a sorpresa la piccola piazza alberata di Zuccotti Park, vicino a Wall Street, nel cuore del capitalismo finanziario mondiale. Iniziava così “Occupy Wall Street”, il movimento degli “indignati” statunitensi che presto si sarebbe esteso a moltissime altre città degli Usa per protestare contro il capitalismo e le sue ingiustizie proprio nel Paese simbolo del capitalismo e da cui era partito il terremoto finanziario che ha scatenato una delle peggiori crisi economiche del dopoguerra. Una protesta che ha colto impreparati e messo in difficoltà i leader politici americani, compreso lo stesso Presidente Obama, da sempre proclamatosi paladino della giustizia sociale e dei deboli, ma che si è trovato in forte difficoltà nel giustificare l’enorme quantità di denaro pubblico elargita a banche e istituti finanziari per salvarli dalla crisi. I movimenti di protesta e occupazione, sull’esempio degli indignados spagnoli e degli occupanti americani, hanno presto attecchito nel resto d’Europa, con accampamenti colorati che si sono andati via via formando in tutte le maggiori città europee, fino a dare vita ad una giornata di protesta globale, il 15 ottobre, che purtroppo a Roma è stata oscurata da gravi episodi di violenza, come non se ne vedevano in Italia da oltre 30 anni. La protesta, tuttavia, è ancora viva e a New York e nelle altre città americane i manifestanti non si sono lasciati intimorire dagli sgomberi e dagli attacchi della polizia, tanto che il settimanale Usa Time ha proclamato personaggio dell’anno proprio “il manifestante”, “The protester”, dedicandogli una significativa copertina, che può essere definita l’icona del 2011.

Sul fronte degli sconvolgimenti, non possiamo non ricordare il devastante tsunami provocato dal terremoto che lo scorso 11 marzo ha colpito la costa nord-est del Giappone, danneggiando gravemente anche la centrale nucleare di Fukushima e causando la fusione del nocciolo all’interno di uno dei reattori. E’ stato il peggior incidente nucleare dopo quello di Chernobyl, di cui proprio quest’anno è ricorso venticinquennale. Tra gli altri disastri che hanno funestato questo 2011, anche se non paragonabili a quanto accaduto in Giappone, vanno ricordati il potente terremoto che lo scorso ottobre ha colpito la Turchia orientale, nella provincia di Van, e le tremende alluvioni che hanno colpito l’Italia a più riprese nel corso del 2011, soprattutto quelle di novembre in Liguria e in Sicilia. Le piogge improvvise, che portano con sé vere e proprie bombe d’acqua, provocano inondazioni e smottamenti sempre più frequenti e violenti, aprendo molti interrogativi e denunce sullo stato di dissesto idrogeologico nel nostro Paese e i cambiamenti climatici improvvisi. Non si possono poi non ricordare le vittime delle piogge torrenziali e delle inondazioni in Thailandia e nelle Filippine, queste ultime devastate da ben due tempeste tropicali in pochi mesi.

Il 2011 verrà soprattutto ricordato per la morte del leader di Al Qaeda, Osama Bin Laden e del rais libico Muammar Gheddafi. Il primo ucciso delle unità di combattimento statunitensi Navy Seals, in un blitz in territorio pakistano, il secondo colpito dalle bombe degli aerei Nato mentre fuggiva dalla città natale di Sirte, poco dopo la sua caduta, e catturato ancora vivo dagli insorti libici, che tuttavia non hanno esitato ad ucciderlo in modo sommario in diretta tv. Per due leader feroci che venivano uccisi, suscitando mille polemiche, un altro pericoloso criminale internazionale veniva arrestato: era Ratko Mladic, noto anche come il boia di Srebrenica, il comandante delle truppe Serbe che durante la guerra in Bosnia, a metà degli anni ’90 del Secolo scorso, massacrò migliaia di musulmani.

Tra gli episodi sconvolgenti di questo 2011 vanno poi menzionate le stragi in Norvegia del 22 luglio, quando il folle Anders Behring Breivik, convinto sostenitore di farneticanti tesi razziste, ha fatto esplodere una bomba nel centro di Oslo, per poi recarsi sull’isola di Utoya e sparare all’impazzata contro decine di ragazzi indifesi che partecipavano ad un raduno giovanile. L’assassino, rimasto lucido per tutto il tempo delle stragi e autoaccusatosi dei massacri, è stato recentemente dichiarato pazzo, non senza polemiche.

Il 2011 ha portato però anche un evento lieto e storico allo stesso tempo, il matrimonio del Principe William d’Inghilterra, figlio di Carlo e nipote della Regina Elisabetta II, terzo in linea di successione al trono del Regno Unito. William è convolato a nozze con la fidanzata storica Kate Middleton con un’imponente cerimonia nell’Abbazia di Westminster trasmessa in diretta televisiva in tutto il mondo e vista da circa 2 miliardi di telespettatori.

Il 2011 ha visto poi la scomparsa di diversi importanti personaggi: Amy Winehouse, l’ultima icona del rock maledetto e del tragico “club dei 27” (le rockstar decedute all’età di 27 anni: Jimi Henderix, Janis Joplin, Jim Morrison,Brian Jones); il fondatore e guru di Apple, Steve Jobs, colui che ha coniato lo slogan “think different” e ha rivoluzionato il modo in cui utilizziamo i computer, indiscusso genio creativo, seppur con più di qualche ombra nella sua attività di imprenditore. In Italia va ricordata soprattutto la recente scomparsa dell’intellettuale e giornalista Giorgio Bocca, deceduto il giorno di Natale, personaggio scomodo e importante voce critica del nostro Paese.

Non possiamo poi non citare le straordinarie scoperte scientifiche che, anche se ancora da confermare in via definitiva segneranno comunque il nostro futuro: i neutrini che, lanciati dal Cern di Ginevra, avrebbero superato la velocità della luce e la scoperta o meglio “l’evidenza” del Bosone di Higgs, la cosiddetta particella di Dio, componente fondamentale della materia, anche questa studiata dal Cern.

In un anno che ha segnato importanti anniversari, dal 150° dell’Unità d’Italia, che il Presidente della Repubblica Napolitano ha voluto con tutte le forze celebrare solennemente, nonostante le divisioni interne al Paese e gli attacchi continui della Lega Nord; ai 25 anni del disastro di Chernobyl, al decennale sia del G8 di Genova che degli attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti; sarà proprio questo 2011 che in futuro diventerà, e lo sta già diventando, l’anno da cui partirà, pur tra mille difficoltà e tragedie sia individuali che collettive, un cambiamento che ancora vediamo solo a tratti, ma che, dietro i presagi malauguranti ma forse scaramantici di una imminente fine del mondo, si spera porti ad un autentico rinnovamento e ad una rinascita che tutti attendiamo. Cogliamo pertanto l’invito della scrittrice ed attivista americana Rebecca Solnit: “Sognate in grande. Occupate le vostre speranze. Parlate con gli estranei. Vivete in pubblico. Non fermatevi ora. Di una cosa sono certa: ci sono ancora molti fiori nel nostro futuro”.

Valeria Bellagamba