
Nel nord dell’Iraq continua la fuga delle minoranze dall’avanzata dei militanti dell’Isis. La comunità internazionale si sta organizzando per fronteggiare l’emergenza, perché il lancio di viveri non basta a salvare gli yazidi e le altre popolazioni braccate dalle milizie dello Stato isalmico. È «in corso» un piano per evacuare almeno 30.000 profughi dalle montagne del Sinjar, ha annunciato il premier britannico David Cameron, mentre il presidente francese François Hollande ha reso noto che aiuterà i curdi iracheni fornendo loro armi in accordo con il governo centrale di Bagdad. Ma la svolta sembra venire da Barack Obama. Il Presidente Usa ha deciso di inviare soldati via terra per aiutare i profughi a fuggire: 100 uomini, tra marines e forze speciali, sono atterrati sulle montagne intorno a Sinjar; l’operazione è stata preannunciata dal New York Times. Le forze speciali sono state precedute dall’intelligence americana e britannica da giorni nella zona per predisporre un piano di fuga dall’assedio dell’Isis. Intanto si ha notizia che il principale tempio yazida, quello di Lalish, il luogo della tomba di Sheikh Adi ibn Musafir la figura principale della loro fede è stato fatta esplodere dagi jihadisti. I fondamentalisti hanno distrutto altri musolei e luoghi di culto coma la tomba del profeta Giona a Mosul. Papa Francesco ha scritto al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, chiedendo che le Nazioni Unite facciano ogni sforzo per garantire pace e diritti e tutelare le vittime dalle violenze delle milizie dell’Isis, a cominciare dai cristiani e dalle altre minoranze religiose. Intanto a Bagdad la situazione politica non sembra vicina ad una soluzione. Il premier uscente al-Maliki ha dichiarato che resterà fino a quando la Corte federale non si esprimerà sul suo ricorso contro l’incarico conferito dal presidente iracheno Masum al suo collega di partito, Haider al-Abadi per la formazione di un governo. Al -Abadi, esponente sciita, vicepresidente del parlamento ha ricevuto il sostegno dei governi occidentali, per primi gli Usa, ma anche da Iran, Lega araba e dell’Arabia Saudita. La tensione nella capitale è ancora altissima: ieru quattro autobombe sono esplose uccidendo 16 persone e ferendone 46.