
Lungo e disperato appello della mamma di Alberto Stasi, condannato a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. La donna scrive partendo da un concetto per lei chiaro, ossia l’innocenza del figlio: “Sono Elisabetta Ligabò. Mio figlio Alberto è in carcere da otto mesi. E se lo meritasse, credetemi, lo sopporterei. Ma io sono certa che lui è innocente e sono anche certa che qualcuno sa la verità ma non la dice. Per questo ho deciso di rompere il silenzio di questi lunghi anni e di rivolgermi direttamente a chi sta custodendo questo terribile segreto: parlate, vi prego”. La mamma di Stasi ha deciso di fare sul serio nella sua ricerca della verità e ha aperto dei canali attraverso i quali chi lo volesse può comunicare ciò che sa sull’omicidio: “Mio figlio è in carcere e io non ci dormo la notte, perché so che qualcuno sa la verità ma non la dice. La mia non è una speranza: è una certezza. Quindi mi rivolgo direttamente a voi, che sapete chi ha tolto la vita a Chiara. Io vi prego: so che avete paura, lo capisco, ma mettetevi una mano sulla coscienza. Alberto ha 33 anni ed è in prigione. Non vi chiedo di mettere a rischio la vostra vita. Non pretendo che siate coraggiosi: ci sono molti modi anonimi per farmi arrivare informazioni e notizie. Per questo voglio darvi una mail e un numero di telefono. La mail è aiutiamoalberto@yahoo.com, il numero è 333.2537691. Scrivetemi, chiamatemi. Non voglio sapere chi siete, voglio solo sapere quello che avete visto. Stando zitti non fate un torto solo a Chiara, che merita giustizia, ma distruggete un’altra persona, mio figlio, che non è ancora morto, ma che non ha più una vita”.
Nel lungo appello apparso sulla rivista Giallo, la donna ne ha anche per l’operato dei giudici: “Nemmeno loro sono riusciti a dire per quale motivo mio figlio avrebbe ucciso Chiara”. E poi descrive suo figlio e il rapporto che aveva con la ragazza: “Lui la chiamava “amorino”, stavano per andare qualche giorno in vacanza assieme, la sera prima avevano mangiato la pizza, erano giorni felici, lei lo incoraggiava, lui stava per laurearsi, aveva il futuro a portata di mano e nessun motivo per giocarsi la vita. E poi io lo conosco da trent’anni, mio figlio: un assassino dagli occhi di ghiaccio? Ma per carità. Se lo pensassi, se avessi anche solo un minimo dubbio, ve lo giuro, lo amerei lo stesso e allo stesso modo e non lo abbandonerei mai e poi mai, ma lo guarderei scontare la sua pena, in silenzio, perché sarebbe giusto così”.
La donna poi conclude così: “Chiara era una giovane donna, seria e in gamba. Non vi nascondo che già sognavo di vederla un giorno sposa di mio figlio, madre dei miei nipotini. Figuriamoci se io non voglio che il responsabile paghi. Chi le ha tolto la vita deve scontare una lunga pena: Chiara non tornerà mai più tra le braccia dei suoi cari, ma merita almeno di riposare in pace. Non posso immaginare la paura che avrà avuto in quegli istanti, povera bambina. Chiunque abbia fatto una cosa del genere è una persona orribile, che non sa controllare la sua rabbia: avete pensato che potrebbe rifarlo davanti a un rimprovero, a un parere contrario, a una banale discussione? Potrebbe capitare a un’altra ragazza, a un’altra donna, a chiunque. Un altro valido motivo per contattarmi e confidarmi la verità”.
F.B.