
Papa Francesco è sicuramente un pontefice molto amato, ma nella sua intervista nel docu-film “Papa Francesco: come Dio comanda”, che andrà in onda domenica sera su Sky Atlantic fa delle dichiarazioni davvero sconvolgenti. Per prima cosa il pontefice si è soffermato sul momento della chiesa: “La Corte pontificia mantiene una tradizione un po’ atavica, non lo dico in senso negativo, ma questo deve cambiare”.
Bergoglio settimana prossima compirà 80 anni, un’età importante poiché è il momento in cui vescovi e cardinali lasciano i loro incarichi, questo naturalmente non riguarda il Papa. Il Santo Padre però non può non pensare agli anni che ormai passano e fa una riflessione importante: “Io ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve, 4-5 anni. È come una sensazione un po’ vaga magari non è così. Ma ho come la sensazione che il Signore mi ha messo qui per poco tempo. Però è una sensazione, per questo lascio sempre le possibilità aperte”. Il tutto è ripreso con lo smartphone di padre Antonio Spadaro, il direttore di Civiltà Cattolica, che con il permesso dello stesso pontefice ha potuto rendere il tutto pubblico. È un Papa Francesco decisamente inedito, molto riflessivo e introspettivo: “A me succede che quando provo delle emozioni mi chiudo e la cosa si cucina a fuoco lento, no? E poi appare. Io mi difendo molto dalle emozioni perché non so per pudore, pudore machista non so”. Poi si cominciano a toccare corde più istituzionali: “Quando viene un Capo di Stato io devo riceverlo con la dignità del protocollo che si merita. È vero che col protocollo ho mille problemi, però devo rispettarlo. Sai la differenza tra il terrorismo e il protocollo? Che con il terrorismo si può negoziare”. Il discorso poi si sposta sull’agricoltura e il suo sfruttamento: “Basta con questi ingiusti metodi speculativi. Viviamo il paradosso di un’agricoltura non più considerata settore primario dell’economia, ma che mantiene una evidente rilevanza nelle politiche di sviluppo, negli squilibri della sicurezza alimentare come pure nella vita delle comunità rurali. In alcune aree geografiche, infatti, lo sviluppo agricolo resta la principale risposta possibile alla povertà e alla scarsità di cibo. Questo però significa rimediare alla carenza degli apparati istituzionali, all’iniqua acquisizione di terre la cui produzione è sottratta ai legittimi beneficiari, ad ingiusti metodi speculativi o alla mancanza di politiche specifiche, nazionali e internazionali”.
Antonio Russo