
«L’immagine che lo consegna per sempre ai nostri ricordi è quella di un anziano gentiluomo in pigiama che a letto sfoglia la Gazzetta dello Sport, mentre accanto a lui la moglie soffia come un mantice, solleva le gambe a candela e borbotta “che barba che noia, che noia che barba”. Di fronte all’attacco più grave che ogni maschio sia chiamato a fronteggiare – l’incapacità di suscitare passioni – Raimondo Vianello non si scusa né accusa. Si limita a lanciare uno sguardo in tralice, senza mai perdere di vista il giornale. Il matrimonio che resiste nel tempo, sembra suggerirci il suo silenzio, consiste nella gestione oculata dei litigi e degli scoppi improvvisi di noia».
Il dialogo, la mediazione, la trattativa, vengono sostituiti da un silenzio apparentemente mite ma in realtà perentorio: la coppia regge perchè si trova un compromesso, ma il compromesso pende tutto da una parte. Raimondo, il patriarca, continua imperturbabile a leggere il giornale; Sandra, “prende e porta a casa”: sbuffa un pò, ma poi rinuncia alle sue vaghe rivendicazioni. Un po’ come nello spot sessista di Veneta Cucine, finito sotto la lente di Femminismo a Sud.
Protagonista, la coppia in stile Sandra e Vianello qualche anno dopo.
«Questa pubblicità in sintesi dice che ad una donna basta una bella cucina, un po’ di panni sporchi da lavare e può essere felice. Come dire: accontentati e sorridi. Se le tue aspirazioni vanno a monte, se i tuoi sogni si frantumano, se invece che fare quello che volevi ti ritrovi a fare da balia ad una famiglia che ti ritrovi sul groppone, va tutto bene».
E nello spot, effettivamente, tutto fila liscio: non traspare nemmeno la noia. Magari, in passato, è emersa; ma ora forse la protagonista si è ormai stancata di parlare con il retro di una Gazzetta.
Cos’avrà guardato in Tv per accettare così “ammirevolmente” la propria condizione? Più veline o più Casa Vianello?
Andrea Franzoni