Uno studio italiano pubblicato tempo fa dalla prestigiosa rivista americana Proceedings of the national academy of sciences (Pnas), ha segnalato che cibi e spezie possono contribuire a lenire il dolore innalzando la soglia di percezione da parte dell’organismo. Nell’elenco sono segnalati aglio, senape, cannella, peperoncino e anche il wasabi. Dal rizoma della Wasabia japonica,o ravanello giapponese, pianta originaria del Giappone e appartenente alla famiglia delle Brassicaceae, si ottiene una pasta verde e dal sapore particolarmente piccante che viene usata come condimento nella cucina giapponese per accompagnare il pesce crudo o sushi e che prende il nome di wasabi. Come accade per il peperoncino (il principio attivo capsaicina attiva uno specifico recettore del dolore: Trpv1), il wasabi contiene molecole che sono in grado di attivare uno specifico recettore del dolore denominato Trpa1 o wasabi receptor. Gli effetti indesiderati, ma apprezzati dagli “intenditori”, a cui si va incontro quando si assaggia il wasabi, quali pizzicore, lacrimazione,ecc., in realtà sono espressione dell’ azione su questi recettori e del conseguente invio al cervello, attraverso le terminazioni nervose periferiche,di un segnale d’allarme a cui segue la liberazione di endorfine e sostanze antinfiammatorie in grado di determinare un’ azione antidolorifica.
Il direttore della ricerca, il prof. Geppetti (Centro per le Cefalee Università di Firenze ) auspica la possibilità di poter sintetizzare nuovi farmaci con effetti avversi minimi o nulli, capaci di lenire il dolore acuto e cronico “ ma il risvolto immediato può essere proprio una sorta di menù desensibilizzante, in grado di alzare la soglia di percezione del dolore. E, sorpresa, la tradizione collima con la scienza: peperoncino, aglio, rafano, zenzero, sono da secoli la panacea di popolazioni che vivono in situazioni climatiche estreme e in condizioni di lavoro estreme. Il wasabi, invece, arriva da una tradizione che ha nella resistenza al dolore uno dei cardini d’onore: il popolo dei samurai ha regole in cui il wasabi ha ragione d’essere.
D.ssa Enrica Campanini