Per una bizzarra coincidenza, il porno ha avuto parzialmente via libera in Cina nel 21/o anniversario del massacro del 4 giugno 1989, nel quale centinaia di persone furono uccise quando l’esercito intervenne per sgombrare piazza Tiananmen dagli studenti che l’avevano occupata per due mesi reclamando la democrazia.
La vicenda e’ sorprendente perche’ la lotta contro la diffusione dei siti porno – in particolare di quelli, numerosi, che offrono i servizi di giovani prostitute – e’ la motivazione con la quale le autorita’ giustificano l’ esistenza della cosidetta Grande Muraglia di Fuoco, un complesso sistema di filtri che, oltre ad alcuni siti porno, blocca agli internauti cinesi l’acceso ai siti politicamente sgraditi al governo di Pechino, come quelli degli esuli tibetani e quelli delle principali organizzazioni umanitarie internazionali.
Inoltre, dalla Cina non sono accessibili i siti di relazioni sociali come YouTube, Facebook e Twitter, considerati un pericolo per la ”stabilita”’ politica. La censura non e’ mai riuscita a contenere completamente la diffusione della pornografia sulla Rete e molti siti ”espliciti” riescono regolarmente ad aggirare i controlli e sono normalmente accessibili.
Il clima di moralizzazione imposto dalle autorita’ ad una societa’ in rapida crescita come quella cinese, nella quale la liberta’ sessuale e’ di fatto accettata dalla maggioranza della popolazione, va oltre Internet: la scorsa settimana a Pechino e’ stata imposta una chiusura di sei mesi ad alcuni locali frequentati dai nuovi ricchi nei quali, dietro il paravento del ”karaoke” veniva pratica la prostituzione.
Fonte: Ansa.it