Crisi economica e dimissioni Brancher, governo debole ma Pd non ha alternative

Un governo al capolinea è costretto a “sacrificare” Brancher per eliminare gli elementi di attrito al proprio interno. Berlusconi non è mai stato così debole ma anche se traballa, suda e sbuffa forse non cade. Ma non per merito suo. Ci pensa il Pd, con la sua inconsistenza, a sostenerlo

Forse non regge ma se non cade non è tutto merito suo. Berlusconi sta vivendo la fase forse più difficile da quando è tornato per la terza volta al governo. In realtà, di fasi difficili, tranne l’ aureo periodo dei primi mesi di vita del suo esecutivo, ne ha avute a ripetizione: prima l’ affaire D’ Addario, poi Anemone e Bertolaso, i primi dissidi con Fini, le gaffes internazionali, le varie leggi ad personam e le “riforme” della giustizia brandite sugli avversari, fino all’odierno caso Brancher, al ddl sulle intercettazioni, agli sviluppi della situazione dell’ Aquila.

La crisi è evidente, e del resto chi conosce Berlusconi non ha mai pensato che dal suo governo fossero possibili soluzioni brillanti per fronteggiare la crisi economica o la strisciante crisi democratica che attanaglia l’ Italia. L’ uomo è quello che è, il “ghe pensi mi” è un programma di governo che circoscrive a pochi intimi gli interessi da difendere e l’agenda quotidiana, il resto è peggio dell’ intendenza perché nemmeno segue.

Questo vero e proprio “vuoto di potere” è visibile a occhio nudo e infatti, nonostante i successi elettorali, si vede. Gli stessi successi, del resto, non riescono a coagulare i consensi del 2001, anno di vero boom del berlusconismo, ma registrano un’emorragia di voti sempre più evidente di elezione in elezione. Ovviamente, la capacità di presa sul sistema mediatico, e l’assoluta pochezza dell’opposizione, rendono possibile l’avvento del fenomeno politico, il berlusconismo che si fa egemone e che regna incontrastato. Ma dietro il cerone non c’è nulla.

Chi ha deciso di smarcarsi definitivamente dal “sovrano” è Gianfranco Fini anche se questo strappo non sarà ancora immediato. I due minacciano e trattano, alludono e poi fanno dietro-front. Quello che sembra chiaro è che il rapporto si è consumato definitivamente anche se non è chiaro l’approdo di entrambi perché le strade sono bloccate.. Insomma, Berlusconi traballa, inciampa, sbuffa ma non cade, almeno per ora. Le dimissioni odierne di Brancher sembrano decise per eliminare dal terreno di gioco un elemento ingombrante che avrebbe potuto far precipitare la situazione. E il fatto che contemporaneamente si faccia strada l’idea della “Federazione” tra Pdl e finiani fa propendere per una gestione pilotata della crisi della maggioranza.

Che però, se passerà indenne questa fase, lo farà non per meriti propri ma per l’assoluta inadeguatezza dell’opposizione. Dov’è la mobilitazione necessaria? il programma alternativo? l’appello a una società indignata, umiliata, stanca e incazzata che attende solo un cenno credibile e serio per scendere in piazza? Il Pd, dopo aver pensato a lungo ed essersi spremuto le meningi, ha partorito, udite udite, le larghe intese. Una proposta così rivoluzionaria che… Perferdinando Casini l’aveva già avanzata da qualche mese. Le larghe intese, con un Berlusconi che tiene i suoi e un Di Pietro indisponibile, non hanno nemmeno i numeri in Parlamento ribloccando la situazione. Basterebbe poco, invece, a dare una spallata: rilanciare sul serio l’indignazione degli “anti-bavaglio”, rappresentare le ragioni della Fiom e del lavoro umiliato dalla manovra finanziaria, chiedere pulizia e fare pulizia al proprio interno, dare una sponda a un disincanto sempre più diffuso. Ma si tratta di un genere di politica che questo centrosinistra non sa fare, non sa pensare, non può raccontare.. Ecco perché Berlusconi forse traballa, sbuffa e suda ma non cade. E la Marcegaglia, che attenta sta, proprio oggi ha contrattato l’ultima concessione alle sue “industrie”. Segno che Berlusconi qualche santo in paradiso ancora ce l’ ha.

Salvatore Cannavò