Somalia, continua la guerra civile: decine di morti tra i civili

Infuriano gli scontri tra esercito e ribelli a Mogadiscio e nelle province settentrionali. Da oltre vent’ anni il Paese è lacerato da una guerra civile che appare senza via d’uscita. I gruppi islamisti controllano gran parte del Sud e della capitale

Continuano a mietere vittime civili i combattimenti tra esercito e ribelli islamisti in Somalia. Almeno 24 persone, tra cui donne e bambini, sono morte durante il fine settimana nella capitale Mogadiscio, dove nei bombardamenti è stato colpito anche un ospedale. Le truppe governative, con l’appoggio del contingente dell’Unione Africana (Amisom), hanno lanciato un’offensiva contro i gruppi islamisti nei distretti settentrionali di Karan e Shibis: almeno 17 donne e bambini sono stati uccisi, sono state ferite 80 persone e in centinaia sono in fuga, secondo la radio somala ‘Garowe’.

Mentre nel Paese infuriano le violenze, gli aderenti all’Autorità intergovernativa per lo Sviluppo (Igad), cui aderiscono sei Stati del Corno d’Africa (Etiopia, Gibuti, Kenya, Somalia, Sudan e Uganda), si sono riuniti oggi nella capitale etiope Addis Abeba. Il summit è stato convocato d’urgenza per discutere della persistente instabilità politica in Somalia. Nel documento finale è stata nuovamente chiesta alle Nazioni Unite la sostituzione del contingente Amison con truppe Onu, per trasformare al più presto la missione dell’Unione Africana in un’operazione di peacekeeping. “Il conflitto in Somalia non è una questione interna, ma una guerra tra la popolazione e gruppi terroristici internazionali”, dice il documento. E’ stato inoltre auspicato un incremento iniziale di 2mila unità al contigente distaccato sul territorio. L’Onu aveva già acconsentito all’avvicendamento ma ancora non è stata fissata una data. D’altronde pochi governi sarebbero disposti a inviare militari nel caos somalo, a cui si aggiungono gli assalti dei pirati, che hanno risvegliato l’attenzione internazionale verso il Paese. È di oggi la notizia del sequestro di una nave battente bandiera greca nel mar Rosso.

Da oltre vent’anni la Somalia è lacerata da una guerra civile che appare senza via d’uscita. Nell’assenza di un governo centrale, i gruppi islamisti, in particolare al Shabab, controllano quasi tutto il Sud della nazione e parte di Mogadiscio, imponendo la sharia (legge islamica) alla popolazione. Le lotte intestine al parlamento e al governo somali hanno decretato il fallimento di ogni tentativo di pacificazione. Da quando a gennaio del 2009 è stato formato a Gibuti il governo federale di transizione (il mandato è in scadenza tra un anno), guidato da Ali Sharmarke, considerato un uomo ponte tra esecutivo, islamisti e comunità internazionale, le violenze non si sono fermate e la ricostruzione è al palo. Né ha ottenuto migliori risultati l’allargamento del parlamento all’opposizione islamica moderata, legittimata dall’elezione alla presidenza di Sheik Sharif Ahmed. L’ Igad ha chiesto alle istituzioni federali transitorie somale di intraprende la strada dell’unità e della coesione per risolvere il conflitto.

NTNN