Il Premier nipponico Naoto Kan ha ufficialmente espresso rammarico e tristezza per l’annessione, avvenuta esattamente cento anni fa, della Corea da parte del Giappone. La dichiarazione di scuse, approvate anche dal governo di Tokyo, sono state accettate dal Presidente della Corea del Sud, Lee Myung-Bak che però, al momento, non ha pianificato nessun viaggio in Giappone. Esponenti del governo di Seul hanno apprezzato il gesto e hanno espresso la speranza che queste scuse possano dare un ulteriore impulso alle già buone relazioni tra i due paesi.
Il Primo Ministro Kan ha anche affermato che presto il Giappone restituirà alla Corea del Sud una serie di manufatti e documenti storici coreani portati in Giappone durante l’epoca coloniale.
Un’ulteriore notizia positiva arriva dal Giappone: nessun ministro del governo Kan si recherà il 15 agosto, 65° anniversario della fine della guerra mondiale, a rendere omaggio al sacrario di Yasukuni dove, tra i due milioni e mezzo di combattenti che ivi sono ricordati, ci sono anche quattordici criminali di guerra di classe A. Proprio queste visite ufficiali al sacrario di Yasukuni – da molti considerato il simbolo del passato militare e coloniale del paese – hanno costituito, fino ad ora, un freno alla completa normalizzazione dei rapporti con quei vicini asiatici che maggiormente avevano sofferto per il colonialismo nipponico, e cioè Corea e Cina.
Altri primi ministri di Tokyo, in passato, hanno rivolto parole di scuse alle vittime asiatiche, ma sono sempre state ritenute insufficienti e non sincere; le scuse provenivano da esponenti di un partito – il Partito Liberal-Democratico – in cui vari esponenti continuavano le visite a Yasukuni e non sembravano provare rammarico per il passato militare del Giappone. Ora la situazione è diversa; il Partito Democratico, di cui Naoto Kan è il leader, non può certo essere accusato di nostalgie per i nefasti anni della prima metà del secolo scorso.
Erano da cinque anni che la Corea era protettorato del Giappone quando, il 22 agosto del 1910, venne siglato il Trattato Giapponese-Coreano di Annessione: entro in vigore una settimana dopo, il 29 agosto. Da quella data la penisola coreana divenne ufficialmente colonia giapponese.
Quella nipponica fu, fin da subito, una brutale dominazione tesa a reprimere la cultura e le tradizioni coreane. L’annessione non fu certo indolore per il Giappone: movimenti patriottici sorsero in tutto il paese; innumerevoli furono le rivolte, le dimostrazioni, più o meno pacifiche, e le azioni violente da parte di gruppi anti-giapponesi. Nel 1919 si costituì a Shanghai un Governo Provvisorio della Corea per coordinare gli sforzi e la Resistenza al fine di ottenere la cacciata dei giapponesi. Negli anni ’30, a seguito di alcuni attacchi contro l’esercito imperiale, fu deciso un giro di vite da parte delle autorità di Tokyo; fra le altre misure: venne abolita la lingua coreana, nelle scuole fu proibito insegnare la Storia della Corea, ogni coreano era obbligato a prendere un nome giapponese e i giornali non potevano più scrivere articoli in coreano. Ma è con lo scoppio della guerra che la ferocia dell’occupazione raggiunse il suo apice. Decine di migliaia di coreani vennero arruolati nell’esercito imperiale o mandati in Giappone a lavorare, in condizione di schiavitù, nelle fabbriche. Il culmine delle barbarie venne però raggiunto con le circa duecentomila, tra cinesi e coreane, donne prelevate a forza dai campi per farle schiave sessuali nei bordelli gestiti dai militari. Sulle cosiddette “donne di comfort” ancora oggi non c’è una completa chiarezza sulle dimensioni della tragedia e sulle responsabilità.
Di fronte a tutto questo, molti coreani ritengono che non ci si possa accontentare solo di scuse, che poi sono solo parole, del Primo Ministro; vorrebbero dal Giappone segnali più espliciti e tangibili: un risarcimento alle vittime, la punizione dei colpevoli, la depurazione dai libri scolastici di ogni frase equivoca sul periodo. Il governo giapponese, però, afferma che tra Giappone e Corea del Sud, nel 1955, ci fu un trattato: Tokyo si impegnava di aiutare economicamente Seul in cambio della rinuncia della richiesta di risarcimento per i danni di guerra.
Cristiano Suriani