ISOLE SENKOKU / Asia orientale, Giappone e Cina si contendono lingue di terra

ISOLE SENKOKU – La vicenda del peschereccio cinese sequestrato dai Giapponesi, ha riportato alla ribalta il contenzioso sulle isole giapponesi di Senkoku che la Cina e Taiwan reclamano come appartenenti alla giurisdizione di Taiwan. Il peschereccio avrebbe speronato due motovedette nipponiche nei pressi delle contestate isole; la ciurma è stata poi rilasciata, ma il capitano è attualmente detenuto ad Okinawa a disposizione delle autorità.

Le isole Senkaku – i cinesi le chiamano isole Diaoyu – sono un gruppo di otto minuscoli pezzi di terra ricoperti da vulcani spenti che si innalzano nel mare. Si trovano tra le isole Ryukyu e Taiwan. Sono giapponesi – appartengono alla prefettura di Okinawa -, ma sono rivendicate da un’inedita alleanza formata dalla Cina Popolare dalla Cina Nazionalista (Taiwan). Periodicamente il contenzioso è stato preso a pretesto, dall’una e dall’altra parte, per manifestazioni nazionaliste che però non hanno coinvolto più di tanto i rapporti tra i due giganti asiatici che, anzi, in questi ultimi anni sono notevolmente migliorati. Complice anche la vicenda del peschereccio, il governo di Pechino adesso non sembra disposto a far finta di nulla e ha minacciato un’escalation di ritorsioni nel caso Tokyo si rifiuti di rilasciare il comandante del peschereccio. Sono già stati sospesi i colloqui ad alto livello per alcuni accordi commerciali quali, per esempio, lo sfruttamento comune dei giacimenti di gas nei fondali vicini alle isole contestate e, inoltre, non ci sarà neanche il preventivato incontro bilaterale durante l’annuale sessione delle Nazioni Unite. Ulteriori misure, riguardanti i rapporti diplomatici e commerciali, sono stati minacciati da Pechino e che rischiano di produrre la più grave crisi tra i due Paesi di questi ultimi anni.

La vicenda del battello cinese sequestrato si collega al contenzioso sulle isole Senkaku in quanto le acque intorno a questi scogli marini sono estremamente ricchi sia di pesche che di materie prime (gas e petrolio).

La legge internazionale stabilisce che i diritti allo sfruttamento economico, per ogni nazione, si estendono fino a 200 miglia nautiche dalla costa. Il Giappone, quindi, avrebbe tutto il diritto di sfruttare le ricchezze presenti entro 200 miglia dalla costa delle isole Senkaku. Molti, però, ribattono che le Senkaku non sarebbero da considerarsi delle isole e quindi, nel loro caso, non si potrebbe applicare questa legge internazionale; isole, secondo la Legge Marittima, sono quelle terre che hanno una loro economia e che sono in grado di ospitare insediamenti umani: le Senkaku, invece, sono solo dei vulcani inattivi, inabitati, per giunta.

Le isolette – la più grande delle quali, Uotsori Jima (Diaoyu Dao per i cinesi), misura appena 4,32 mq – vennero annesse all’impero giapponese a seguito della vittoria nella guerra contro la Cina nel 1895. Durante la Seconda Guerra Mondiale furono occupate dagli Stati Uniti che poi le restituirono al Giappone nel 1972. Solo l’anno precedente Cina e Taiwan cominciarono a reclamare le otto isole. Sono innumerevoli gli incidenti, per fortuna lievi, che hanno coinvolto le forze militari dei due paesi nelle acque circostanti le Senkaku. La disputa si è poi accentuata a seguito della scoperta di ricchi giacimenti marini di gas, presenti nella zona.

I rapporti tra Cina e Giappone, nonostante i miglioramenti di questi ultimi anni, non è mai stato idilliaco; spesso Pechino ha utilizzato i ricordi del passato coloniale nipponico per catalizzare il nazionalismo cinese contro l’unico Paese in grado di contrastare il suo dominio commerciale e culturale in Asia. Dalla fine delle visite ufficiali, da parte del governo di Tokyo, al sacrario scintoista di Yasukuni, le relazioni tra i due Paesi sono nettamente migliorate, ma c’è, tra Tokyo e Pechino, una grande competizione che va dall’economia alla corsa verso lo Spazio, dalla cultura alla tecnologia. Non bisogna poi dimenticare i timori giapponesi per il continuo aumento delle spese militari della Cina e per le continue minacce di invasione di Taiwan. Se, a questo quadro, si aggiunge anche la presenza, minacciosa, della Corea del Nord, si vede come quest’area rischia di diventare sede di conflitti che basta un niente per definirli armati.

Cristiano Suriani