Rifiuti in Campania, emergenza sanitaria a Napoli e provincia

RIFIUTI IN CAMPANIA – Situazione collassata nel napoletano. E’ praticamente tutto fermo per quanto riguarda la raccolta e lo sversamento dei rifiuti. La spazzatura non viene nemmeno più raccolta dagli auto compattatori. Il problema è che il comune di Napoli non dispone quasi più di mezzi. Degli oltre 150 camion ne sono disponibili al momento solo 30. Questo perché molti degli automezzi adibiti alla raccolta e sversamento dei rifiuti urbani sono bloccati, carichi di immondizia, presso i vari siti o nei depositi. Si calcola che siano circa 600 le tonnellate di spazzatura stipate sui camion dell’Asia e Enerambiente, le due società incaricate della raccolta dei rifiuti a Napoli. Per cui giorno dopo giorno o meglio, ora dopo ora cresce la quantità di immondizia lasciata a terra nelle strade. Si parla di 50 tonnellate l’ora. Per ora sono oltre 6mila le tonnellate di rifiuti a terra non raccolti tra Napoli e provincia.

 Il problema è che ormai non si sa più dove poter sversare la spazzattura. E il pungente odore della monnezza ‘violenta’ l’olfatto e impregna l’aria del suo lezzo. L’unica valvola di sfogo è la discarica di Chiaiano. Di fatto l’unico sito attivo nel napoletano in cui però, non si possono sversare più di 700 tonnellate di immondizia al giorno. Questo in base all’accordo che venne siglato nel 2008 tra governo e i comitati civici. Violarlo vorrebbe dire innescare una nuova rivolta popolare anche a Chiaiano e questo a nessuno converrebbe.

 L’emergenza rifiuti a Napoli è quindi ormai al suo culmine e non si intravedono soluzioni. E senza soluzioni il disastro ambientale è certo. Di questo passo è stato stimato che in un mese potrebbero esserci a terra non raccolte almeno 60mila tonnellate di rifiuti. In città dove ti giri giri si vedono solo cumuli di sacchetti dappertutto. Una situazione che ha messo in preallarme le autorità sanitarie locali. La situazione igienico-sanitaria è ad alto rischio.

 La pioggia che sta cadendo copiosa nelle ultime ore non aiuta. Lunedì a Napoli arriva di nuovo una delegazione della commissione europea. A guidarla Pia Bucella, responsabile della Direzione generale Ambiente. Lo scopo è controllare lo stato dell’emergenza rifiuti in Campania. L’Italia, già stata condannata una volta per l’emergenza rifiuti in Campania, ed ora è sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles. Sotto procedura di infrazione il rischio è ora quello di incorrere nel blocco definitivo di un finanziamento europeo da 145,4 milioni di euro congelato da Bruxelles. Inoltre l’Italia rischia anche una pesante multa per il mancato rispetto delle disposizione comunitarie in materia di trattamento dei rifiuti e per non aver rispettato la precedente condanna.

Nel frattempo ieri a Napoli è giunta la commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie presieduta da Gaetano Pecorella che ha effettuato dei sopralluoghi sia nella zona vesuviana sia nel sito di Taverna del Re. Nel pomeriggio ha tenuto nel palazzo della Prefettura di Napoli delle audizioni con i magistrati del territorio, ma anche con gli amministratori locali. La situazione è drammatica in ogni parte della città. Il comune cerca di fare del suo meglio per alleviare i disagi alla cittadinanza, ma ormai non ha più le ‘forze’. Nel frattempo si cerca di privilegiare, nella raccolta, le aree antistanti le scuole e gli ospedali. In questo modo si cerca di evitare la paralisi almeno degli edifici pubblici. L’amministrazione comunale sta valutando con l’Asia la possibilità o meno di organizzare un servizio straordinario di raccolta mirata per rimuovere la spazzatura proprio dalle strade nella zona ospedaliera e nei pressi delle scuole. Il comune nella normalità è in grado di raccogliere fino a 1.700 tonnellate al giorno a fronte di una produzione quotidiana di 1.200, ma ora come ora se sono rimosse 300 tonnellate è già tanto. E’ questa la dura realtà partenopea.

Ieri a terra per le strade di Napoli sono rimaste 3mila tonnellate di rifiuti. Il dato è stato comunicato come sempre dall’assessore comunale all’Igiene Urbana, Paolo Giacomelli. Anche oggi Giacomelli ha ribadito che l’unica strada per poter fronteggiare la situazione è quella di abolire il principio delle provincializzazione. “Le altre province non vogliono i rifiuti, ma conferiscono nel termovalorizzatore di Acerra la loro ‘frazione secca’. Forse una soluzione da adottare sarebbe quella di bloccare il conferimento, presso l’impianto di Acerra, dei rifiuti provenienti dalle città delle altre province”, ha suggerito l’assessore. Una ventata di ossigeno è venuta dalla Provincia di Salerno, dove il suo presidente, Edmondo Cirielli ha consentito di conferire nell’impianto di tritovagliatura di Battipaglia 300 tonnellate di rifiuti del napoletano. Finora esiste anche un ‘debole’ accordo scritto firmato lo scorso mese di ottobre tra Regione Campania e province di Caserta, Benevento e Avellino che permette un invio verso queste province dei rifiuti napoletani. Un accordo che permette per ora di conferire nei siti di Savignano Irpino, San Tammaro e Benevento in totale circa 800 tonnellate di rifiuti dando un po’ di respiro. Però quando i termini dell’accordo saranno cessati, sabato prossimo, si ritornerà punto e da capo. Per cui è evidente in tutti che è necessario individuare al più presto nuovi siti nel napoletano dove poter sversare. Su questo punto è intervenuto oggi il presidente della provincia di Napoli, Luigi Cesaro che ha affermato: “Dopo la cancellazione di Cava Vitiello stiamo pensando di individuare nuovi siti. La prossima settimana convocherò i sindaci della provincia, esclusi quelli dell’area vesuviana, per trovare un accordo sull’apertura di due mini discariche che ci permettano di superare la crisi”. Ieri Cesaro aveva anche fatto un annuncio relativo al possibile invio di 400 tonnellate al giorno, fino a marzo prossimo, di frazione umida tritovagliata in un impianto di digestione anaerobica dell’Emilia Romagna. L’ipotesi è naufragata. “Ho fatto un errore a farlo, forse per quello è saltato l’accordo, che comunque non era fra Regioni ma tra due società”. Il riferimento era alle trattative in corso tra l’Asia, la partecipata del Comune di Napoli, con una società della provincia di Livorno e con la Hera dell’Emila Romagna. E’ anche a causa dell’umido immagazzinato nei depositi degli impianti di tritovagliatura del napoletano, che non si riesce a smaltire, che il ciclo dei rifiuti si è ‘imballato’. Solo lo Stir di Tufino è ancora operativo, mentre Caivano, Giugliano e Battipaglia sono saturi.

Proprio oggi si è saputo che l’Ufficio flussi della Regione ha concesso l’utilizzo in esclusiva alla città di Napoli dello Stir di Tufino. Nel frattempo le trattative per un possibile invio di rifiuti all’estero continuano. Si spera di poter chiudere a breve l’accordo con i Paesi del Nord Europa, Svezia, Finlandia e Norvegia, per l’invio di rifiuti avviati a recupero, a un costo di 90 euro a tonnellata. Come potrebbe decollare l’accordo con la Spagna per l’invio via nave di un quantitativo giornaliero di organico. Le trattative sono però, ancora in corso.

Preoccupazioni per l’emergenza rifiuti a Napoli sono state manifestate anche dal sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino. Il primo cittadino della città partenopea è tornata a ribadire non solo la necessità di un intervento straordinario da parte del presidente della Regione, Stefano Caldoro, ma anche l’abolizione della provincializzazione chiedendo nuovamente solidarietà alle altre province. Ieri tra il sindaco di Napoli e il presidente della Regione Campania è nata una polemica. La Iervolino ha chiesto a Caldoro di emettere un’ordinanza urgente per costringere le altre province campane ad accogliere i rifiuti del napoletano.

Ferdinando Pelliccia