RIFORMA DEL LAVORO – Questa settimana sarà decisiva per la riforma del mercato del lavoro e il governo Monti si accinge a sedersi al tavolo con le parti sociali che, dopo il decreto ‘Salva Italia’, non sembrano intenzionate a fare ulteriori concessioni. Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera da Davos lancia parole tranquillizzanti: “Affronteremo tutti i problemi. Anche quello della flessibilità in uscita. E vi sorprenderemo”. La trattativa sembra orientata a non toccare l’articolo 18 per i lavoratori che attualmente ne sono tutelati, anche perchè Cgil, Cisl e Uil non permetterebbero mai di far passare una proposta contraria, anche perchè ne beneficiano la maggior parte dei loro iscritti che hanno già dovuto subire il prolungamento dell’età pensionabile.
Ma le principali novità riguarderanno i neoassunti e i giovani precari cui sarà consentito un contratto a tempo indeterminato, ma non sarà previsto il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa, che invece sarà compensato da un risarcimento economico variabile a seconda dell’anzianità di lavoro (come proposto dalla Bce).
A dare una prima risposta è il leader della Cgil Susanna Camusso in una lettera inviata a ‘Repubblica’ che ha chiesto di trovare rimedi per ridurre la precarietà prima di parlare di maggiore flessibilità. Al tavolo con il governo, sottolinea la Camusso, “ci siamo trovati di fronte ad un documento del ministro non condiviso da nessuno. Senza nostalgie di nessun tipo pensiamo sia utile proporre un negoziato vero e non affidarsi a ricette preconfezionate il cui fallimento è nei numeri della precarietà e della disoccupazione”. E aggiunge: “Siamo i primi ad apprezzare che l’Italia sia tornata al tavolo dei grandi a sostenere sforzi per far ripartire il Paese, ma se ogni scelta presenta il conto solo al lavoro abbiamo il legittimo dubbio, anzi, la certezza, che si affronta il ‘nuovo’ con uno strumento antico e che il fine non sia far ripartire il paese ma ‘salvare il soldato Ryan’. Se sarà così non si salverà l’Italia ma una sua piccola parte, che forse non ha bisogno di salvarsi – conclude Susanna Camusso -, perchè lo fa già tra evasione, sommerso e lobbismo di ogni specie”.
Luigi Ciamburro
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«La Cgil oggi, come Lama ieri, mette al centro occupazione e lavoro ma mentre allora i salari crescevano, anche se molto erosi dall’inflazione, oggi siamo alla perdita sistematica del loro potere d’acquisto e ciò rappresenta una ragione importante della recessione in atto». Lo scrive, in una lettera a ‘Repubblicà, il segretario generale della Cgil Susanna Camusso,in risposta a un editoriale di Eugenio Scalfari, in cui ricorda come ai tempi di Lama «la distribuzione del reddito tra profitti e retribuzioni non aveva lo squilibrio di oggi». «Tutti – aggiunge la Camusso – ormai, leggono in questa diseguaglianza la ragione profonda della crisi che attraversiamo e il motivo per cui le politiche monetariste non ci porteranno fuori dal guado». «La diseguaglianza – spiega il segretario Cgil – è dettata dallo spostamento progressivo dei profitti oltre che a reddito dei »capitalisti«, a speculazione (o si preferisce investimento?) finanziaria». Di qui un taglio degli investimenti, aggiunge, «traducendo l’idea di flessibilità invece che nella ricerca di maggior qualità del lavoro, di accrescimento professionale dei lavoratori, in quella precarietà che ha trasferito su lavoratori e lavoratrici le conseguenze alla via più bassa dello sviluppo». «Per noi, l’urgenza è la riduzione della precarietà che viene prima, molto prima, di altri temi», conclude, ricordando che la produttività che «decresce al crescere della precarietà», e non per colpa «dell’articolo 18»