Fecondazione, Balduzzi: “Presenteremo ricorso per un chiarimento giurisprudenziale”

Renato Balduzzi

FECONDAZIONE BALDUZZI – Il governo è pronto a fare ricorso alla sentenza della Corte di Strasburgo riguardante la coerenza della Legge 40 (fecondazione assistita). A dichiararlo è stato il ministro per la Salute, Renato Balduzzi, durante un colloquio a margine di un convegno, a Lucca, sul gioco d’azzardo.

Tra ieri e stamani sono riuscito a dare una lettura un po’ frettolosa alla sentenza – ha sottolineato il ministro – e ci stanno lavorando anche i miei uffici. Credo che sia forse opportuna una richiesta di un punto giurisdizionale fermo per quanto riguarda la Corte europea dei diritti dell’uomo e che dunque un ricorso da parte del nostro Paese valga proprio a consolidare un punto di riferimento”.

Ci sono poi dei profili – ha contnuato – di carattere processuale che andrebbero attentamente monitorati perché è chiaro che si riferiscono non solo al caso di specie ma a tutti i casi possibili. Siccome stanno aumentando le ipotesi di confronto tra ordinamenti, quello italiano e quello del Consiglio d’Europa, credo che anche sotto questo profilo un nostro ricorso potrebbe servire a un chiarimento giurisprudenziale”.

Per questo motivo, ha concluso Balduzzi, “con riserva di un approfondimento, una volta presa in esame questa pronuncia, mi sembra che ci siano gli elementi per promuovere un ulteriore chiarimento giurisprudenziale”.

Ieri la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha puntato il dito contro la legge italiana sulla fecondazione assistita. La legge violerebbe l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo come stabilito nella sentenza riguardante il caso Costa e Pavan contro l’Italia (richiesta n. 54270/10). La vicenda riguarda due portatori sani di mucoviscidosi che volevano ricorrere alla fecondazione assistita e alla diagnosi prenatale per evitare di trasmettere il gene ai loro figli.La Corte ha sentenziato che l’”incoerenza del sistema legislativo italiano” che “da una parte priva i richiedenti dell’accesso alla diagnosi genetica pre impianto” e “d’altra parte li autorizza a una interruzione di gravidanza se il feto risulta afflitto da quella stessa patologia“. Ha così concluso che “l’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare è quindi sproporzionata”.

L.B.

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