
Francesco Martino è un giovane attore che ha studiato sia in Italia che all’estero per acquisire più esperienza possibile. Dopo essersi formato all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma e volato negli stati Uniti al Susan Batson Studio di New York.
Volevo confrontarmi con l’America, un paese dove l’arte della recitazione si è perfezionata incredibilmente. Il livello professionale che ho incontrato è decisamente alto, è stata una bella scuola.
Che momento sta vivendo secondo te il cinema italiano? Credi che per un attore giovane come te, per spiccare il volo la strada migliore è quella di andare a recitare fuori dall’Italia?
Il cinema italiano è pieno di talento e di ottimi professionisti, purtroppo soffocati da una legislazione che sembra fare di tutto per non proteggerli, e da una realtà produttiva e distributiva non sempre all’altezza. L’estero mi sta offrendo buone occasioni lavorative e spero di continuare su questo doppio binario, ma in realtà non sono per la fuga dei talenti all’estero. L’Italia in questo momento ha un gran bisogno di cambiare: se non ci impegnamo a farlo noi, giovani della mia generazione, chi altri dovrebbe farlo?
Hai fatto parte di un film cult come “La finestra di Fronte” di Ferzan Ozpetek. Raccontaci come è andata e come sei “finito” a recitare in questo capolavoro del regista turco.
Cercavano un ventenne che potesse impersonare Massimo Girotti da giovane; gli incontri con Ozpetek e col casting Pino Pellegrino furono molto positivi. Alla fine il ruolo andò ad un attore più grande, Massimo Poggio, ma mi ripescarono per un’ altra parte. Il ruolo era molto piccolo, ma per me era la prima esperienza in assoluto nel cinema: la notte prima di girare non chiusi occhio. Da quel giorno prima di iniziare un film non dormo mai; è quasi una tradizione, mi preoccuperei se succedesse il contrario.
Secondo te è lui il “miglior” regista che abbiamo in Italia?
Ferzan a mio parere è un direttore d’attori straordinario. In Italia in questo momento c’è tantissimo talento registico: penso anche a Sorrentino, Garrone, Bertolucci, Angelini, Virzì… tutti completamente diversi l’uno dall’altro. Come si fa ad assegnare la palma del migliore?
Hai lavorato con tanti artisti affermati del panorama del cinema italiano, tra cui Scamarcio, Giorgio Colangeli ed Ennio Fantastichini. Hai lavorato anche con Taricone. Un ricordo del grande Pietro…
Pietro era un grande, una persona di una generosità, un’umanità e una gioia di vivere davvero non comuni. Giravamo questo film a Sofia, in Bulgaria, e una sera, al ristorante, si accorse che qualcuno gli aveva portato via dei soldi dal portafogli. Non si arrabbiò e non si scompose quasi per niente. Tornati in albergo, entrò nel casinò (ogni grande hotel di Sofia ne ha uno), giocò una partita, e vinse. Tenne solo la cifra che gli era stata sottratta, e distribuì il resto in mance al personale che lavorava nel locale. Una piccola lezione di vita che non dimenticherò.
Con quale attrice ti piacerebbe fare un film?
Fra le mie coetanee, mi piacciono molto Carolina Crescentini e Alba Rohrwacher. Se parliamo di sogni, sarebbe bello almeno una volta nella vita lavorare con un vero mostro sacro; penso a un genio come Meryl Streep, straordinaria qualunque cosa faccia.
A quale dei tuoi lavori sei rimasto più legato?
Un po’ a tutti, ma sono molto legato ad Aria di Valerio D’Annunzio, in cui ho avuto la fortuna di confrontarmi con Roberto Herlitzka, e al più recente H+ di Bryan Singer.
Quali sono i tuoi sogni e cosa stai facendo di bello in questo momento?
Sono in quel momento che tutti i miei colleghi conoscono bene, quando hai fatto dei lunghi provini per un ruolo a cui tieni molto, sono andati bene, e ora sei lì ad aspettare che squilli il telefono e qualcuno ti dica un sì o un no. Nel frattempo, insieme a un gruppo di attori che amo molto, siamo al lavoro su un bel testo francese, sotto la guida di Stefania De Santis. E’ in scrittura anche la seconda stagione di H+, la serie che ho girato in America, e francamente non vedo l’ora di tornare su quel set. Il mio sogno è fare il cinema che amo di più, quello che chiamo “necessario”; raccontare storie valide che lascino un segno in chi le riceve.
Grazie Francesco per la bella chiacchierata
Grazie a te Michele e un saluto ai lettori di Direttanews
Michele D’Agostino per Direttanews