Come sei stato coinvolto da Paolo?
Io e Luca Peracino siamo stati parte integrante di questo progetto fin da quando il produttore Maurizio Totti ha acquistato i diritti del film spagnolo da cui “Fuga di cervelli” è tratto, perché ci conosceva bene grazie alle nostre apparizioni nel suo programma tv “Colorado” e pensava che saremmo stati adatti ad entrare a far parte del cast. Il mio personaggio, Alonso, è in apparenza molto aggressivo, sembra un tipo arrabbiato con il mondo intero che non vuole ammettere la propria disabilità, ed è fissato con le donne e il sesso. Nel corso della storia scopriremo che sarà in grado di innamorarsi davvero e di instaurare una vera e propria relazione che vada oltre il sesso occasionale: viene fuori la sua umanità e riesce a dimostrare di avere anche un cuore.
Che rapporto è nato sulla scena e fuori con Paolo Ruffini?
L’esperienza con lui è stata bellissima per tutti noi, soprattutto perché Paolo si è rivelato un regista anomalo. La cosa bella fin dall’inizio delle riprese era la sua intenzione di far rivivere in scena tutto quello che lui non era mai riuscito a portare a termine nei vari film a cui aveva preso parte come attore, non aveva mai potuto dire cioè le cose come le sentiva davvero, non aveva mai avuto quella “carta bianca”, quella libertà di movimento che in questa occasione invece ha voluto lasciare a tutti noi su questo set: nel bene e nel male in scena c’è molto di quello che noi interpreti siamo davvero, le caratteristiche e le indicazioni iniziali sono state quasi tutte cambiate strada facendo, in funzione nostra.

Come è andata invece con gli altri ragazzi?
Io e Luca Peracino conoscevamo già Paolo per via di “Colorado” ma gli altri interpreti non li conoscevamo affatto e il periodo trascorso tutti insieme prima delle riprese ci ha permesso di creare un gruppo particolarmente affiatato: a tutti noi sembrava di essere in gita scolastica, il clima era sempre disteso e rilassato e tutto questo ha giovato all’atmosfera di continuo “cazzeggio” presente in gran parte della storia. Sembrava tutto troppo bello, avrei girato anche per quattro mesi di seguito, di quel periodo posso dire sinceramente che mi manca tutto ma anche che sin dalla fine delle riprese abbiamo continuato a sentirci e a vederci regolarmente e che oggi siamo diventati tutti grandi amici.
Ricordi qualche momento particolarmente divertente?
Ogni ciak era diverso dall’altro, le sorprese erano all’ordine del giorno, arrivavamo a chiudere sempre la scena in un modo diverso e finivamo sempre con lo scoppiare implacabilmente a ridere: i bei ricordi riguardano per me ogni sequenza, non ce n’è una speciale che mi venga in mente meglio di altre. A proposito del personaggio che interpreto c’è da aggiungere che ad ammorbidirlo molto è l’incontro con la ragazza che inizia a piacergli, portandolo ad iniziare la sua opera di corteggiamento che terminerà alla fine del film: all’inizio Alonso viene presentato come un tipo ai limiti del “viscido” che sfrutta con cinismo la sua disabilità quando entra in relazione con le donne, ma poi col tempo è in grado di rivelare una sua forte sensibilità. Credo che tutto sommato, pur nei suoi eccessi, finisca con l’essere comunque simpatico al pubblico fino alla scena in cui cerca di mascherare fino all’ultimo la propria disabilità, facendo provare per lui agli spettatori grande tenerezza.
Intervista di Silvia Casini