
Il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati “doveva motivare le ragioni” per cui assegnò il coordinamento dell’inchiesta su Karima El Mahrough nota come “Ruby” al sostituto procuratore Ilda Boccassini anche per “scongiurare il rischio di esporre l’ufficio al pur semplice sospetto di una gestione personalistica di indagini delicate” su Silvio Berlusconi. L’assegnazione dell’inchiesta «avvenuta nella prima fase solo verbalmente», é stata «confermata con un provvedimento formale» da parte di Bruti Liberati, ma «privo di motivazione della cui opportunità (se non addirittura necessità) non può dubitarsi».
Lo afferma la Settima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura intervenendo su scontro in tema di assegnazione dei fascicoli d’inchiesta divampato presso la Procura di Milano. Il contrasto investe il Palazzo dei Marescialli quando lo scorso marzo il vicecapo della procura Alfredo Robledo, ccon un’iniziativa senza precedenti nella Procura di Milano, lamenta al Consiglio Superiore della Magistratura l’asserita “violazione dei criteri di organizzazione vigenti nell’ufficio sulla competenza interna” avvenuta, secondo il magistrato, attraverso una serie di comportamenti ritenuti “non più episodici” con i quali il procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati, aveva “turbato e turba la regolarità e la normale conduzione dell’ufficio”. Secondo l’aggiunto Robledo, si erano violate le regole di specializzazione, assegnando i fascicoli più delicati ai procuratori aggiunti Ilda Boccassini e Francesco Greco: dal “caso Ruby” al crac del San Raffaele, fino all’inchiesta “Gamberale-Sea“.
Il Csm è intervenuto nel merito stigmatizzando i criteri di assegnazione delle inchieste. Nella relazione conclusiva dichiara fosse necessario il “formale coinvolgimento” del pm Alfredo Robledo nei processi Ruby. La prassi con cui i fascicoli furono assegnati al pm Pietro Forno, che si era occupato del processo principale, “pur condivisibile, non si pone in linea” con ordinari criteri organizzativi di un Uffico Giudiziario. In particolare secondo il Csm manca all’interno della Procura di Milano “una precisa disciplina” sui criteri di assegnazione dei fascicoli di indagine ai vari Dipartimenti. La causa è stata ravvisata in un progetto organizzativo che mostra “significative lacune”.
Sulla base di queste considerazioni la Settima Commissione del Csm ha sollecitato l’intervento dei titolari dell’azione disciplinare: il Procuratore Generale della Cassazione e il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per entrambi i protagonisti dello scontro: il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, e lo stesso vice Alfredo Robledo. La richiesta di sanzione si riferisce in particolare al ritardo con cui Bruti Liberati trasmise il fascicolo Sea a Robledo: “deplorevole dimenticanza” , secondo l’ammissione dello stesso procuratore; il Csm tuttavia giudica negativamente l’inerzia dello stesso Robledo “nel sollecitare l’adempimento” e, in seguito, la sua “insistenza” nella richiesta di trasmissione atti per i quali era già stato attivato il necessario coordinamento”; l’infrazione Srebbe motivata anche dal rischio arrecato alla “segretezza delle indagini Expò” a causa dalla trasmissione di atti al Csm da parte di Robledo”.
Lo stesso Csm ha tuttavia precisato che contrasti all’interno della Procura non abbiano comportato un “pregiudizio” per le indagini, che sono state condotte con tempestività e efficacia; in particolare non c’è stato “nessun rilievo organizzativo” da muovere al procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati, sulla gestione dell’inchiesta Expo.
Redazione