Uruguay, si vota per il successore di Pepe Mujica

Newly sworn-in Uruguayan President Jose
Il Presidente dell’Uruguay Pepe Mujica (Pablo Porciuncula/Getty Images)

L’Uruguay è oggi chiamato a scegliere il successore di Josè “Pepe” Mujica. Per la legge uruguaiana, infatti il Presidente non può più essere eletto alla guida del Paese per due mandati consecutivi. Mujica è candidato al Senato: la sua vicenda politica non è conclusa, ma la sua avventura presidenziale si chiudde con le elezioni di oggi. Stamane Mujica è stato il primo dei leader politici a votare. Interrogato dalla stampa mentre si recava al suo seggio, ha risposto secondo il su stile, invitando gli uruguaiani a “votare con la propria coscienza” e di essere consapevoli che “quella di oggi non è una guerra, né la fine né l’inizio dell’Uruguay”. La coalizione di sinistra del Presidente, Frente Ampio de Izquierda, ora guidata da Tabaré Vazquez, è in testa secondo gli ultimi sondaggi con il 42% delle intenzioni di voto una percentuale ancora molto lontano da quel 50% più uno necessario per evitare il ballottaggio. Vazquez vinse le presidenziali dell’Uruguay nel 2004 ottenendo il 51,32% dei voti al primo turno. Potrebbe tuttavia non riuscire a ripetere exploit.

Il primo rivale è Luis Alberto Lacalle Pou, un avvocato 41enne trionfatore delle primarie del Partito Nazionale, che negli ultimi sondaggi si attesta intono al 30% e potrebbe costringere Vazquez ad un ballottaggio dall’esito quantomai incerto. Sul candidato del centrodestra potrebbero confluire i voti del tradizionale partito Colorato, che candida al primo turno Juan Pedro Bordaberry, 54 anni, figlio dell’ex presidente e poi dittatore uruguaiano Juan Maria Bordaberry. Il partito, tradizionale alleato del Centrodestra si assesta al momento sul 15% dei voti. Una quota elettorale che potrebbe risultare determinante per il conferimento della carica di Presidente qualora l’elettorato fosse chiamato ad esprimersi tra Vazquez, e Lacalle Pou

Negli anni di Mujica, e Vazquez prima, l’Uruguay ha registrato un decennio di forte crescita economica. Mujica, un tupamaros, che ha passato quasi 14 anni in carcere in una cella di un metro quadrato durante la dittatura negli anni Settanta e Ottanta,  con la sua presidenza cambiato radicalmente il rapporto tra l’eletto e il potere. Di origine italiana – i suo nonni materni erano liguri, dalla val Fontanabuona – Pepe ha stupito il mondo quando ha rinunciato al suo stipendio, decidendo di tenere per sé soltanto il 10% della cifra che gli sarebbe spettata come Presidente dell’Uruguay, ben 12mila dollari al mese. Gli altri li ha dati in beneficenza alle famiglie più bisognose, sopratutto ragazze madri senza lavoro. «Non è povero chi possiede poco, ma chi desidera molto» ha detto citando Seneca. Una frase che riassume uno stile di vita che è rimasto lo stesso anche in questi anni di Presidenza: Mujica si è mosso per le strade di Montevideo a bordo del suo maggiolino anni Sessanta, ha viaggiato  con voli di linea e si è rifiutato di vivere nel palazzo presidenziale, rimanendo nella modesta fattoria di Rincón del Cerro, alla periferia di Montevideo, dove passa il tempo libero a coltivare fiori e ortaggi.

Scelte che hanno suscitato il plauso internazionale: “Saggio di Montevideo”, ha scritto l’Economist; “straordinariamente credibile”, ha detto di lui Barack Obama. Oltre allo stile con cui ha espletato il mandato – è stato chiamato, con affett0, il Presidente contadino – l’eredità politica di Mujica è legata a tre riforme: la depenalizzazione dell’aborto, l’introduzione dei matrimoni gay e la liberalizzazione del consumo di marijuana. Questa terza riforma, che entrerà in vigore solo il prossimo anno, ha rappresentato uno dei temi più aspri della contesa elettorale; prevede che ogni adulto possa acquistare fino a 40 grammi di cannabis al mese nelle farmacie al prezzo di un dollaro per grammo. Inoltre  ogni cittadino potrà inoltre coltivare fino ad un massimo di sei piantine di marijuana, pari a 480 grammi, ad uso personale. Prevedeo inoltre che lo Stato rilasci concessioni ai grandi coltivatori – sotto stretta sorveglianza armata – finalizzate alla produzione e alla commercializzazione, attraverso le farmacie, di cannabis per due tonnellate all’anno. L’obiettivo di Mujica è di contrastare il mercato nero e i traffici della criminalità organizzata. Ma la riforma non ha mancato di suscitare polemiche, sopratutto in Uruguay. Secondo i detrattori ha fallito nell’obiettivo di interessare i coltivatori a causa dei bassi prezzi alla vendita e dei bassi ricavi per i produttori. L’esito delle elezioni presidenziali appare decisivo proprio su questo tema. Luis Alberto Lacalle Pou ha annunciato che, qualora eletto, bloccherà la riforma del Presidente contadino. Forse troverà meno ostacoli a bloccarla di Pepe a promuoverla: ma certo Lacalle non andrà a vivere in campagna né ha promesso di devolvere il suo stipendio ai poveri. Queste cose, da Presidente dell’Uruguay, le ha fatte solo Mujica.

ADB