
Era la notte del 16 novembre 1989 quando venne compiuto il massacro dell’Università centro americana di El Salvador, nel quale persero la vita il rettore Ignácio Ellacuría, il sociologo Segundo Montes, lo psicologo Martín Baró, i teologi e professori Amando López, Juan Ramón Moreno e Joaquín López y López, insieme alla governante Julia Elba e alla figlia sedicenne Celina. A compiere la strage furono i soldati del battaglione anti-guerriglia, addestrato negli Stati Uniti, che poi tentarono in tutti i modi a far ricadere le responsabilità di quanto avvenuto sui ribelli del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional. Per quanto avvenuto, un colonnello, due tenenti, un sottotenente e cinque soldati furono processati nel 1991, ma solo due di loro – il colonnello Guillermo Benavides e il tenente Yusshy Mendoza – vennero condannati a trent’anni di carcere e poi incredibilmente amnistiati appena due anni dopo dal presidente Alfredo Cristiani.
Racconta padre Michael Czerny, che per qualche anno – subito dopo l’eccidio – ha diretto la Uca di El Salvador, a Radio Vaticana: “Volevano fare finta che fosse un attacco dei ribelli. Ma questa università si trova ad un chilometro dalla principale base militare; non era possibile un attacco di questo tipo. Nessuno ci ha creduto. Si trattava di un battaglione speciale delle forze armate e gli ordini sono stati dati dall’Alto comando”. Secondo il prelato, “purtroppo i responsabili, coloro che hanno dato gli ordini, il ministro della Difesa e gli altri membri dell’Alto comando non sono mai stati processati”.
Il martirio non è avvenuto invano
Padre Czerny sottolinea ancora: “Il loro martirio in primo luogo è stato un fattore decisivo per mettere fine alla guerra, perché ha aperto gli occhi soprattutto dei cittadini degli Stati Uniti che hanno fatto pressione al loro governo affinché modificasse e condizionasse l’appoggio che dava al governo e all’esercito di El Salvador. Ma più a lungo termine questi martiri, come Gesù, sono segni di contraddizione. I martiri sono inviati da Dio per ricordarci che dobbiamo impegnarci veramente per il Regno di Dio e non per i nostri motivi egoistici”.
Infine, un pensiero per le due donne morte nella strage: “Julia Elba era una donna molto semplice, molto buona; aiutava nella nostra comunità come cuoca e aiutava i giovani a vivere in maniera migliore e più profonda la loro vocazione e la loro preparazione al sacerdozio. La figlia Celina aveva 15 anni; studiava all’università. Era fidanzata. E con questa tragedia è entrata troppo presto nella vita eterna; rimane un simbolo di speranza e di ispirazione per i giovani di El Salvador. È diventata una sorta di patrona della gioventù”.
GM