
Un appello a quelli che “non si arrendono al pensiero unico che sta dominando larghissima parte del Pd. Non è allargando il perimetro a destra che si cambia una società che non funziona. O meglio, così lo fanno Merkel e Cameron, ma non è il verso che ci chiedono i nostri elettori”. A lanciarlo, intervistato dall’Huffington Post, è Francesco Boccia, sempre più critico nei confronti del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, rivolgendosi ai vari leader della minoranza, Gianni Cuperlo, Pippo Civati, Stefano Fassina e Rosy Bindi.
“Anche i bersaniani di fatto, dopo i Giovani turchi, sono entrati in maggioranza. Succede dopo i congressi” – ha proseguito Boccia – “Accadde nel 2009 tra Bersani e il suo sfidante Franceschini. Succede anche oggi tra Renzi e una parte del gruppo dirigente che aveva sostenuto Cuperlo e oggi prova a emarginarlo per mediare con lo stesso segretario premier”.
Secondo Boccia, considerato da sempre vicino all’ex premier Enrico Letta, “Renzi ha fatto saltare gli schemi a destra e anche a sinistra, la tensione sociale e lo scontro con Cgil e Fiom nascono perché, al di là delle slide del premier, nei provvedimenti del governo non ci sono risposte reali a precari, disoccupati, mamme-lavoratrici, piccoli imprenditori, perché non ci sono i soldi”.
“La sfida vera di oggi nel Pd è su quali sono le politiche pubbliche che consentono di rispondere ai bisogni degli ultimi”, ha rilanciato Boccia, concludendo: “E’ un tema che larga parte del gruppo dirigente del partito non affronta, preferendo fare i selfie anziché far pagare le tasse alle multinazionali del web o andare fisicamente nelle periferie del paese e della società”.
Primi sì all’appello
“Apriamo il cantiere con creatività e fuori dalle logiche di ceto politico, osiamo cambiare dalla parte giusta”, così sulla sua pagina Facebook, Barbara Pollastrini raccoglie “l’idea Boccia: è tempo di un grande incontro tra affluenti e pensieri ‘per una nuova sinistra’ nel Pd, che sia anche ponte verso altri fuori da noi”. Secondo la Pollastrini “il Pd del 40 per cento ha il dovere di non mettere ai margini una parte importante della società, ridare dignità e riconoscere la forza di idee non omologate nella patria del trasformismo”.
Prosegue intanto il forcing nei confronti del governo Renzi da parte del leader Fiom, Maurizio Landini, che però a ‘Repubblica’ oggi in edicola, chiarisce: “Precisando che i sondaggi possono anche sbagliare rispondo che io non mi chiamo Matteo e non mi candido. Il mio mestiere è nel sindacato, un sindacato che il governo vorrebbe sminuire e confinare nelle aziende, ma che invece ha un ruolo politico e deve poter dire la sua, sul lavoro e non solo”.
GM