
Il vertice G20 di Brisbane ha dato un responso inequivocabile. La diplomazia internazionale ha messo all’angolo il presidente russo Vladimir Putin in merito alla crisi in Est Ucraina. Tornati a Bruxelles, i ministri degli Esteri Ue si sono subito messi al lavoro per discutere le eventuali nuove sanzioni da applicare e per stilare una lista di separatisti filorussi da aggiungere alla lista dei sanzionati con il congelamento dei beni e il divieto di viaggio. Inoltre, si sprecano gli inviti a interrompere le continue violazioni del cessate il fuoco siglato a Minsk lo scorso 5 settembre, insieme ai moniti a ritirare tutte le attrezzature militari illegali introdotte senza insegne in Est Ucraina nelle ultime settimane. L’Osce, Organization for Security and Co-Operation in Europe, sottoporrà a controllo permanente il confine, viste anche le sollecitazioni del ministro degli Esteri ucraino Pavel Klimkin perché “l’Europa invii a Mosca un messaggio chiaro e unitario secondo cui la destabilizzazione dell’Ucraina provocherà ulteriori sanzioni”. Si sa però, che la geopolitica non sempre risponde ai dettami della carta bollata. La tregua sembra qualcosa di sempre più effimero e lontano dai fatti. E’ di oggi la notizia di decine di morti dovute a nuovi scontri nella zona dell’aeroporto di Donetsk. Secondo fonti dell’esercito ucraino, sei soldati hanno perso la vita. Altri nove feriti sono rimasti feriti in scontri armati con i separatisti che hanno tentato, senza successo, di conquistare l’aeroporto. Negli scontri sarebbero morti 23 separatisti filorussi, mentre altri 27 sarebbero rimasti feriti. Proprio ieri, il presidente ucraino Petro Poroshenko ha affermato che l’Ucraina è pronta alla guerra totale contro Mosca; intanto, per la prima volta, il presidente russo Vladimir Putin cerca di adottare un basso profilo sostenendo che il suo governo non fornisce armi ai ribelli, che se le procurerebbero autonomamente.
C.M.