Padoan: rilanciare i consumi riducendo il contante

Il Ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan (EMMANUEL DUNAND/AFP/Getty Images)
Il Ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan (EMMANUEL DUNAND/AFP/Getty Images)

Singolare proposta per rilanciare i consumi da parte del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Intervenendo al question time alla Camera, il ministro ha comunicato che il contante in Italia ha un costo di gestione di 8 miliardi di euro all’anno, pari allo 0,5% del Prodotto interno lordo. Da qui il ministro dell’Economia ha proposto di ridurne l’uso, un intervento, ha sottolineato che, “se rafforzato da interventi paralleli” come gli incentivi all’uso dei pagamenti elettronici o di altri strumenti, può condurre a “prevedibili effetti positivi sui consumi“.

Dunque, secondo Padoan ridurre l’uso del contante, portando ad un risparmio sui relativi costi di gestione, potrebbe rilanciare i consumi in Italia o almeno produrre su di essi effetti positivi. Il ministro ha spiegato che una prima soglia all’uso del contante è stata introdotta nel nostro Paese nel 1991. Quindi nel 2007, è stato vietato l’uso del contante per pagamenti dai 1000 euro in su, con alcune deroghe. Nel nostro Paese, ha spiegato Padoan, l’uso del contante è superiore che in altri Paesi europei e si avvicina quello di Spagna e Grecia. Mentre il ricorso a strumenti di pagamento elettronici è minore, anche se non lontano dalla media europea. Oltre all’elevato costo di gestione, l’altra motivazione, che viene spesso addotta, per limitare l’uso del contante riguarda l’esigenza di “far emergere l’economia sommersa e aumentare la tracciabilità delle movimentazioni per contrastare il riciclaggio di capitali di provenienza illecita, l’elusione e l’evasione fiscale”, ha ricordato il ministro dell’economia.

Nel question time, Padoan ha riferito anche sulle cartelle fiscali non pagate. Il Ministero dell’Economia prevede di incassare da queste fino a 7 miliardi di euro, di cui “4 mld riferiti a carichi erariali”. Ma le cartelle non pagate, che si sono accumulate nel corso degli anni, ammontano ad una cifra decisamente più alta, compresa tra i 530 e i 540 miliardi di euro, che riguardano tasse e imposte, anche locali, e contributi previdenziali non pagati. Una somma che per la maggior parte, tuttavia, non potrà essere recuperata, perché nel frattempo o è intervenuta la prescrizione dei crediti del fisco o perché i soggetti debitori sono nel frattempo falliti o deceduti. Dal canto suo, la direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, ha previsto che quest’anno gli incassi del Fisco saranno identici a quelli del 2013, ovvero circa 13,1 miliardi di euro.

V.B.