
E’ esploso il caso delle periferie in Italia a scoppio ritardato rispetto alle principali capitali nord europee: il fulcro della vicenda di cronaca che sconfina nella politica è stata la protesta di Tor Sapienza a Roma dove, la scorsa settimana, i residenti del quartiere periferico degradato hanno assaltato un centro di accoglienza per rifugiati, esasperati dal senso di abbandono da parte delle istituzioni, non solo per la presenza di due centri di accoglienza ma anche di due campi rom, di cui uno stanziale e l’altro abusivo, ma anche dal fatto che la crisi economica ha portato alla chiusura di numerose attività commerciali e di un commissariato dei carabinieri, contribuendo ad infondere un clima di insicurezza.
Il tema in primo piano non è quello che potrebbe essere stata una ribellione “razzista” per cui la vicenda non è di certo sfuggita ai partiti di destra che cavalcano l’onda del tema “immigrazione”, tanto che sul posto hanno sfilato l’europarlamentare Mario Borghezio e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni per esprimere la loro vicinanza ai cittadini. Eppure è singolare il fatto, evidenziato ieri sera da Maurizio Crozza, che tra i politici che chiedevano la chiusura del centro, vi fosse anche l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno che fu proprio lui ad aprire i due centri di accoglienza. Una beffa del destino?
Gestioni periferie e disagio sociale
La questione di Tor Sapienza esula dal problema razzista in sé, anche se per la spettacolarizzazione della notizia, è stato dato risalto a questo aspetto e al tema dell’intolleranza impiegando numerosi luoghi comuni sui migranti, come quello che “rubano il nostro lavoro” o che “spacciano”. Il caso in realtà è molto simile a quello che hanno affrontato e stanno tuttora cercando di risolvere, le città metropolitane non solo europee. Per cui è bene distinguere il fatto ed inserirlo in un discorso che riguarda l’urbanizzazione e l’integrazione. Sono due piani ben distinti, che in Italia ovviamente vengono confusi.
Sul piano dell’urbanizzazione, la capitale d’oltralpe Parigi si rivela un esempio paradigmatico. Fin dall’edificazione della città in epoca contemporanea è stata progetta rispetto anche alla periferia, per cui sono state create piccoli città satellite attorno alla capitale, collegate perfettamente con i mezzi di trasporto come la RER, la metropolitana veloce e solo dopo gli anni 70 emerse una politica nel settore della progettazione urbanistica di case-palazzi-grattacieli in linea con la “ghettizzazione” con quartieri “ghetti” e non “periferici”, dove i residenti avevano a che fare con un contesto urbano architettonico utilitarista, non più estetico né tantomeno vitale e a bassi costi, dove si sono concentrate le fasce deboli dei più poveri e di immigrati. Tanto che nel XXIesimo secolo è esplosa la rabbia della “banlieue” che ha riportato in primo piano la questione. Da allora sono state promosse politiche di integrazione mirate a ridistribuire le aree in linea con le politiche sociali: ovvero, come in altre città europee, a cominciare da Londra, Amsterdam o Bruxelles, anche Parigi ha investito nel recupero di aree centrali abbandonate e di edifici anche pubblici da destinare alle fasce meno abbienti, con costi accessibili e in un contesto meno “ghettizzante”, isolato, mirato all’inclusione sociale.
Lo stesso vale per quanto riguarda l’integrazione della popolazione rom per cui recentemente, il governo Hollande si è valso delle critiche mettendo una stretta ai loro insediamenti.
Roma, i rom e le periferie: arriva il piano Marino
Superata la bufera mediatica, il Sindaco di Roma in un’intervista ad Announo, ha parlato della situazione di Roma affrontando il tema dei campi rom, per cui ha sostenuto che “i campi rom vanno superati: sono assolutamente favorevole alla loro chiusura”.
Se da una parte il primo cittadino definisce un “giusto turbamento”, la protesta esplosa a Tor Sapienza, d’altro canto non omette di tirare in ballo le precedenti giunte che hanno portato a questa situazione a partire dai suoi predecessori di centro sinistra Francesco Rutelli e Walter Veltroni, fino al sindaco di destra Alemanno.
Per il sindaco si tratta di eliminare i campi dove regna il degrado non solo ambientale ma anche sociale, mirando a dare una casa alle famiglie nomadi: “Mettere queste persone nei luoghi dove si possa fare autocostruzione, cioè recupero di edifici abbandonati”, ha dichiarato Marino,, annunciando che nelle prossime settimane verrà effettuata una ricognizione del patrimonio immobiliare.
Una linea che premia l’idea di integrazione, sollecitata dallo stesso Papa Francesco.
Ma ciò non significa essere tolleranti: infatti, il Sindaco ha ben evidenziato che “le popolazioni rom o si mantengono da sole o se ne vadano”. Ovvero, il nuovo piano mira a deghettizzare i rom, ad integrali e a far si che escano dall’illegalità e la delinquenza: “Non è accettabile spendere milioni di euro per tenere le persone in veri ghetti. Bisogna separare le persone per bene che aspirano ad avere una vita e che sono assolutamente integrate, queste persone devono avere gli stessi diritti”, ha detto Marino.
Si tratta di una questione all’ordine del giorno anche nell’agenda europea per cui le capitali si stanno adeguando. E l’Italia rischia ancora una volta di ricevere un avviso di infrazione, così come la Francia è stata più volte criticata dalla Commissione Ue per i trattamenti destinati ai rom, ricordando al governo Hollande che le Ue destina fondi per l’integrazione delle comunità rom.
Nuova parole d’ordine: “Superare i ghetti e la segregazione dei nomadi”. Per quanto riguarda la tempistica di questo progetto che potrebbe sollevare un nuovo polverone mediatico, il Sindaco mette le vani avanti: “Non esistono soluzioni preconfezionate nei prossimi mesi svilupperemo queste idee”.
Infatti, secondo il sindaco, ci vuole la massima cautela per evitare nuove rivolte. Come riporta il Corriere,it, la Croce Rossa ha accolto con favore il cambio di strategia: “Un’operazione che non può che cominciare con la chiusura dei campi e l’apertura di un percorso sperimentale di progressiva inclusione nel tessuto urbano attraverso istruzione e lavoro”, ha spiegato Flavio Ronzi, presidente della Cri di Roma.
C.D.