Iran, rischia di fallire il negoziato sul nucleare

John Kerry Iran Vienna
Il Segretario di Stato John Kerry a Vienna (Jim Bourg/Getty Images)

I negoziati di Vienna per un accordo sul nucleare con l’Iran sembrano destinati a fallire. In queste ultime ore si discute sulla possibilità di prolungare i colloqui oltre la mezzanotte dead line entro cui le parti dovrebbero trovare l’intesa. Negli ultimi giorni nella capitale austriaca gli incontri, coordinati da Catherine Margaret Ashton, tra i rappresentanti della Repubblica islamica e i Paesi del “5+1” sono proseguiti ad oltranza. L’agenda del Segretario di Stato John Kerry fitta di incontri, parole e proposte non è giunta allo snodo decisivo. L”intesa alla vigilia sembrava a portata di mano per poi sfuggire di in ora in ora, mentre la mezzanotte di oggi si faceva sempre più vicina. Kerry ha incontrato più volte il ministro iraniano Mohammad-Javad Zarif, ha parlato con il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov è corso dal Ministro degli Esteri saudita Saud al-Faisal all’aeroporto di Vienna, per un faccia a faccia avvenuto all’interno dell’aereo saudita. Sulla sua agenda, tuttavia la parola “accordo” non è stata scritta, non ancora.
Due i punti cruciali della trattativa. L’arricchimento dell’uranio, dove Teheran si dice disposta a rispettare l’intesa sulla riduzione del processo al 20% – una percentuale entro la quale, secondo gli esperti, è scongiurata la concreta possibilità della creazione di una bomba – ma intende continuare a produrre combustibile per le proprie centrali. In questo ambito la discussione verte anche sul numero degli impianti e sul numero di anni in cui il Paese dovrebbe attenersi alle restrizioni richieste della comunità internazionale. Un altro punto è rappresentato dalle sanzioni, la cui abolizione è per Theran prioritaria, in particolare quelle sull’export del petrolio A chiederne la cancellazione anche Ali Khamenei la Guida suprema iraniana. L’amministrazione Obama deve dimostrare al Congresso, da gennaio a guida repubblicana, di aver eliminato la capacità dell’Iran di arricchire l’uranio. Il Grand Old Party, da parte sua spera, che l’accordo, capace di conferire al Presidente un appeal sia pur tardivo, in politica estera, non si realizzi.

Teheran deve sciogliere il nodo delle sanzioni e, allo stesso tempo, il presidente Hassan Rouhani deve dimostrare agli ultraconservatori di non aver perduto terreno sul programma nucleare. Ma la necessità la crescita economica per il Paese non sembra rinviabile né una chance da gettare. Non ora, che alcuni multinazionali straniere prospettano di stabilire una sede a Theran. Boeing, Apple e General Electric in particolare guardano all’Iran con insistenza. Non mancano passi concreti: la Boeing per la prima volta dopo 35 anni ha stabilito rapporti costanti con l’Iran. Relazioni che, per diventare partnership stabili, attendono solo che le sanzioni siano cancellate. Oggi a mezzanotte, o poco dopo. Rouhani non può fallire. Dopo gennaio il Congresso a maggioranza repubblicana di Washington potrebbe decidere nuove restrizioni contro Teheran. Si tornerebbe indietro di trent’anni quando sulla via Teleghani, le proteste davanti all’ambasciata Usa erano all’ordine del giorno. Un passato a cui nessuno, se non la minoranza ultraconservatrice in Iran, ambisce a tornare