Jobs Act: linea dura dei sindacati all’insegna della Carta di Nizza

Proteste Cgil a Roma (FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Proteste Cgil a Roma (Filippo Monteforte/Afp/Getty Images)

Linea dura dei sindacati e aspre polemiche interne al Partito Democratico con un confronto all’ultima battuta tra il presidente del Pd Matteo Orfini e Gianni Cuperlo. Sullo sfondo, l’approvazione del Jobs Act alla Camera e la decisione di ventinove parlamentari della minoranza di lasciare l’aula al momento del voto.
La legge delega sul lavoro approderà in aula al Senato martedì 2 dicembre ma le polemiche e lo scontro con i lavoratori prosegue. Tanto che si sono registrare proteste nella giornata di ieri, un centinaio di studenti hanno fatto un blitz al ministero del lavoro, mentre a Bologna sono stati promossi piccoli scioperi di un’ora in una decina di aziende.

Carta di Nizza

Irremovibile la posizione della segretaria della Cgil Susanna Camusso che nel giorno in cui la Corte di giustizia europea ha bocciato la normativa italiana che permette contratti di lavoro a tempo determinato nel settore scolastico annuncia di voler potare la lotta per i diritti dei lavoratori sul piano europeo: “Valutiamo la possibilità di un ricorso alla Corte di Giustizia Europea: le nuove regole sul lavoro violano gli articoli 30 e 31 della Carta di Nizza”.
Ovvero, la Camusso si è riferita alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata nel 2007 e che  riguarda i diritti e i principi che dovranno essere rispettati dall’Unione in sede di applicazione del diritto comunitario, suddivisi in “dignità”,  “libertà”, “uguaglianza”, “solidarietà”, “cittadinanza” e “giustizia”.  Gli articoli posso essere racchiusi in quattro categorie che spaziano dalle libertà fondamentali comuni, ai diritti riservati ai cittadini Ue , quelli economici e  sociali, che sono riconducibili al diritto del lavoro e infine i diritti moderni,  che spaziano dagli sviluppi della tecnologia, alla discriminazione di disabilità e all’orientamento sessuale.
Come riporta il Fatto Quotidiano, l’articolo 30 della Carta di Nizza riguarda la “tutela in caso di licenziamento ingiustificato” per cui indica che “ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali”, mentre l’articolo 31, regola le “condizioni di lavoro giuste ed eque” ovvero che “ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose” e che “ogni lavoratore ha diritto ad una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite”. Temi al centro della questione del precariato.

“Ci penseremo, ci proveremo. Ma c’è bisogno di capire come vengono scritti i decreti”, ha poi aggiunto la Camusso precisando che bisognerà vedere “se decidono nel chiuso delle stanze o se apriranno un confronto. Ci sono tante cose da vedere”, spiegando che “devono ancora essere scritti i decreti legislativi. Il presidente del Consiglio concluse l’unico incontro con i sindacati, alla sua presenza alla Presidenza del Consiglio, dicendo che poi i ministri avrebbero discusso con le parti. Siamo sempre in attesa di vedere se è un annuncio o una cosa che si determina realmente”.

La numero uno del sindacato ha parlato della sentenza della Corte europea di giustizia sui precari della scuola sostenendo che si tratta con molte probabilità di un precedente, tanto che “sarà uno degli argomenti che useremo per contrastare il tentativo di abrogare l’articolo 18, in corso con la legge delega”.

La lotta dei sindacati prosegue

“Continueremo la nostra iniziativa anche alla luce della sentenza che ha confermato che l’uso di contratti a termine in quel modo contrasta con le direttive europee. Muoveremo tutti i passi necessari anche quelli in rapporto con l’Europa, la Carta di Nizza l’applicazione e il valore che viene dato al lavoro, alla sua dignità. Continueremo serenamente”, ha assicurato la Camusso che in merito agli altri strumenti come l’eventualità di un referendum abrogativo ha sottolineato che “c’è tanta strada prima di porsi il tema”. .

La leader della Cgil è determinata a proseguire, affermando che “non è l’approvazione in Parlamento” del Jobs act “che ci fermerà per cambiare una norma che riteniamo sbagliata”.
Tanto che oltre allo sciopero generale del 12 dicembre con la Uil, assicura che “continueremo la nostra iniziativa anche alla luce della sentenza, che ha confermato quello che dicevamo”.

Stessa linea condivisa dal segretario della Fiom, Maurizio Landini che garantisce l’impegno dei sindacati: “La battaglia non è assolutamente conclusa, dobbiamo continuare anche dopo lo sciopero generale con questa mobilitazione senza precedenti e dare il senso che questo governo su questi provvedimenti non ha il consenso della maggioranza delle persone che lavorano, dei giovani e dei precari”.
“Lo scontro con il governo continua perché la riforma rende semplicemente più facili i licenziamenti. Il jobs act toglie dei diritti e non è vero che crea occupazione e che riduce la precarietà, non è vero che va verso un’estensione universale delle tutele del nostro Paese. Se lo si collega alla legge di stabilità non c’è alcuna ripresa degli investimenti, che è il vero tema da mettere in campo per creare posti di lavoro”.

Ma i sindacati non sono tutti uniti e il segretario generale Cisl,  ha espresso perplessità riguardo allo sciopero generale del 12 dicembre al quale non ha aderito la sua sigla, sostenendo che “per cambiare la finanziaria e il Jobs act, ma soprattutto per far ripartire l’economia reale del paese, non serve oggi uno sciopero generale, si blocca il paese un giorno e l’indomani si rimane come si è”.

Gli fa eco Landini che però solleva la necessità di ridare fiducia ai lavoratori: “La gente percepisce che siamo un soggetto autonomo che non risponde a questo o quel partito a questo o quel governo, ma vuol rispondere ai giovani, ai precari. Credo che per riformare questo Paese c’è bisogno di un sindacato più forte. La crisi della rappresentanza riguarda anche i sindacati, ma proprio per questo Fiom e Cgil possono dare un contributo per unire il mondo del lavoro e riformare anche il sindacato”.

A Palermo, durante il corteo dello sciopero nazionale dei metalmeccanici, Landini ha poi spiegato che “non ci interessava fare uno sciopero per dire che non siamo d’accordo. Questo per noi era l’inizio di una battaglia per cambiare il Paese e abbiamo intenzione di continuare. Il 12 dicembre c’è uno sciopero di tutti lavoratori. Oggi stanno scioperando anche gli iscritti alla Cisl, che dovrebbe riflettere. In queste piazze non sono tutti lavoratori della Fiom. Oggi qualsiasi organizzazione sindacale deve guardare agli interessi della gente e non dei partiti”.

C.D.