Inter, Moratti: “Thohir, devi spendere. L’addio? Ecco perché…”

Erick Thohir, con Massimo Moratti (getty images)
Erick Thohir, con Massimo Moratti (getty images)

Era il febbraio del 1995 quando Massimo Moratti divenne proprietario dell’Inter cominciando un difficile percorso durato fino al 15 novembre 2013, data dell’ufficializzazione della cessione del 70% del club ad Erick Thohir, che ha portato nella bacheca nerazzurra 5 Scudetti, 4 Coppe Italia, 4 Supercoppe Italiane, 1 Champions League, 1 Coppa Uefa e 1 Mondiale per club.

 

L’ex patron interista nell’intervista concessa al Corriere della Sera ha parlato anche delle sue emozioni legate ai quei colori che tanto ama anche adesso e che amerà per sempre: «L’Inter è un sentimento. Che si trasmette dai tifosi alla società ai giocatori e a tutto quello che diventa passione, ricordo, affetto e che ci completa la vita. E sempre con l’idea che c’è domani, perché domani c’è un’altra partita e domani si ricomincia e si riparte».

 

L’attuale allenatore dell’Inter è Roberto Mancini, colui con il quale Moratti aveva già compiuto un ciclo di successi dal 2005 al 2008 e che avrebbe voluto anche prima come giocatore: «La prima idea che avevo avuto, nel momento dell’acquisto della società, era stata quella di prendere Cantona e Mancini. Mancini non era cedibile. Sarebbe stata un’accoppiata fantastica, degna della tradizione dell’Inter. Altre due volte ho cercato di prendere Mancini; a fine ottobre 1996 era tutto fatto, poi Enrico Mantovani mi aveva spiegato che ci sarebbe stata una sollevazione popolare dei tifosi della Samp. E io mi sono tirato indietro».

 

Il sogno Mancini si è realizzato solo nelle vesti di allenatore, ma in compenso nel 1997 comprò un fenomeno di nome Ronaldo: «E’ stato il miglior investimento dei miei 18 anni di presidenza interista, perché ci ha aperto il mondo; era fortissimo, irraggiungibile per talento e velocità e nessuno pensava che ce l’avremmo fatta a prenderlo, visto che era del Barcellona».

 

Belle parole anche per Zlatan Ibrahimovic, mentre per Mario Balotelli c’è una tirata di orecchie: «Ha doti straordinarie, ma soprattutto ti fa vincere. Con noi tre scudetti di seguito. Balotelli? Mi spiace molto che stia attraversando un periodo così; ha avuto grandi opportunità, ma non è riuscito a raccogliere quanto avrebbe potuto. Si è involuto rispetto a quando giocava con l’Inter».

 

Grandi elogi pure per Josè Mourinho, il tecnico dello storico Triplete: «Mi ha sempre ricordato Herrera. Grande lavoratore, serio, scrupoloso, sempre pronto a difendere la società. E vincente. Sarebbe potuto tornare a Milano con la squadra, dopo aver vinto la Champions League, ma nessuno è perfetto. Il bello è che due giorni dopo, era a cena a casa mia».

 

Qualcuno lo ha criticato per non aver ceduto alcuni giocatori importanti dopo quel tris di vittorie incassando denaro utile sia per reinvestire che per sistemare le finanze dell’Inter: «Non capisco come si possa sostenere questa tesi, nei confronti di giocatori che per noi sono stati fondamentali per anni. Campioni e uomini eccezionali, mai li avrei ceduti, nemmeno Milito, per le parole dette a Madrid. Non avrebbe avuto senso, perché davanti a tutto c’è il bene della squadra. E con tutti loro abbiamo vinto il Mondiale».

 

Un altro sogno non realizzato è stato Francesco Totti. Moratti spiega un retroscena mai emerso finora: «Ero a Roma con il presidente Sensi, nel 2007; stavamo chiudendo per Chivu e gli buttai lì: se per caso vuoi cedere Totti, devi solo indicare la cifra. Ma lui senza nemmeno pensarci un secondo, mi aveva risposto: no, Totti resta qui, non lo cederò mai. E aveva ragione».

 

L’imprenditore milanese infine è poi giunto a spiegare i motivi che lo hanno portato a lasciare il club: «Non ho mai pensato di essere un presidente a vita e quando ho capito che era necessario cambiare, per ridare spinta alla società, ho deciso di cedere la maggioranza. Con mio figlio e con Ghelfi abbiamo lasciato le cariche che avevamo perché si era creata una situazione non molto simpatica. Sono amico di Thohir e i nostri rapporti che restano ottimi. Credo che ormai abbia capito che l’Inter è un club diverso da tutti gli altri. I tifosi interisti sono molto competenti, ma anche esigentissimi e non contemplano la modestia. Chi segue o fa sport ai massimi livelli non può puntare al decimo posto. Una volta un tifoso per strada mi ha detto: bisogna spendere di più. Aveva ragione“.

 

 

Matteo Bellan