
Tanto rumore per nulla: settimane di contestazioni, la trentina di non allineati all’interno del Pd alla Camera, la grande manifestazioni sindacale della Cgil, lo sciopero in programma tra poco più di una settimana e le decine di proteste di piazza rischiano di risultare vane dopo la precisa scelta annunciata a Miguel Gotor, uno dei senatori dem “ribelli”, il quale ha sostenuto: “La maggioranza al Senato si tiene su 7 o 8 voti. Non ci possiamo permettere di far cadere il governo che, in un momento di crisi come questo, non ha alternative. Qui al Senato ciascun voto è determinante e dunque non è possibile permettersi il lusso di posizioni politiche come se non avessero conseguenze”.
Questa scelta, spiega Gotor, secondo il quale comunque con il Jobs Act si va verso “un mercato del lavoro duale, con tutele al ribasso”, viene presa “per senso di responsabilità verso il Paese”. Sono più di venti i senatori del Partito Democratico non allineati sulle posizioni della maggioranza “renziana”, ma che ancora una volta scelgono di tenere in vita il governo, seppur contestando nel merito il provvedimento.
In precedenza, diversi esponenti di quella minoranza, come ad esempio l’ex direttore di Rainews24, Corradino Mineo, avevano definito il voto di fiducia “un errore gravissimo”, mentre ancora più duro era stato Felice Casson: “Quando si limita la discussione dei parlamentari è sempre un errore. Il governo deve consentire spazi di miglioramento”. Non è comunque detto che qualcuno di loro scelga di non partecipare al voto, uscendo dall’Aula in segno di protesta.
Le voci della piazza
Intanto, dopo le cariche e il temporaneo fermo di due manifestanti, studenti e precari, molti dei quali davvero giovanissimi, scesi in piazza oggi per protestare contro l’approvazione definitiva del Jobs Act, hanno indetto un’assemblea a microfono aperto per le strade della Capitale. I manifestanti non hanno risparmiato anche cori e proteste contro la maxioperazione antimafia che ha coinvolto molti esponenti politici e sui social network viene diffusa la foto del ministro Giuliano Poletti a una cena con diversi tra gli indagati, compresi Gianni Alemanno e l’assessore dimissionario della giunta Marino, Daniele Ozzimo.
Uno degli interventi più duri, quello di Francesco Raparelli, leader dei movimenti romani e tra i due fermati di oggi, che ha voluto subito prendere il microfono in mano per segnalare l’importanza di questa giornata di mobilitazione: “E’ estremamente facile raggiungere le piazze quando i movimenti montano, quando sono in una fase espansiva, in una fase crescente, quando tutto è facile per la visibilità nei media e nell’opinione pubblica. E’ assai più difficile ed è segno di grande tenacia e grande generosità, quando nonostante lo scarso preavviso, si muovono tante persone. Dopo lo sciopero sociale del 14 novembre si sono spaventati vedendo 45 piazze italiane mobilitate contro questo scempio che si chiama Jobs Act”.
GM