
Nessuna clausola di salvaguardia che vincoli la riforma delle legge elettorale a quella Costituzionale. E’ il parere del premier Matteo Renzi che, a margine della visita ad Algeri, ha commentato gli ultimi sviluppi sul tema dell’Italicum, proponendo la data del “1 gennaio 2016”, per l’entrata in vigore dell’Italicum al fine di evitare possibili sospetti di chi teme che dopo l’entrata in vigore della riforma, alcuni partiti, mirino ad andare al voto anticipato.
Non a caso il leghista Roberto Calderoli che ha proposto la clausola di salvaguardia aveva commentato: “Io capisco bene che Renzi voglia correre alle elezioni il prima possibile. E comunque prima che gli venga chiesto conto di tutte le promesse non mantenute. Però, la cosa non si può fare. L’ltalicum è previsto per un sistema monocamerale -prosegue Calderoli- Un sistema in cui solo la Camera esprime la fiducia al governo. È irragionevole prevederlo prima della scomparsa del Senato. Saremmo al delirio”.
“Se Renzi vuole dimostrare di essere in buona fede, ha un sistema semplicissimo: votare e far votare il mio ordine del giorno sulla legge elettorale”, ha poi aggiunto Calderoli, prevedendo l’ipotesi che “dopo l’entrata in vigore dell’Italicum qualcuno potrebbe firmare un decreto che estende la legge al Senato. Si va a elezioni, poi la Consulta qualche anno dopo dice che non andava bene. Ma una volta votato, è come passata la festa e gabbato lo santo. Senza contare il referendum”.
Calderoli sostiene pertanto che “non è possibile scindere le due cose, la legge elettorale non si può separare dalla riforma costituzionale”.
Scettiscismo Dem
Quella di Renzi è stata una proposta che ha lasciato perplesso Forza Italia e una parte del Partito Democratico proprio quando in commissione Affari Costituzionali ha preso il via la discussione generale sull’ Italicum.
“Di primo acchito mi pare una idea balzana: qui non si tratta di ammansire il Parlamento permettendo ai parlamentari di rimanere in carica un anno in più”, ha dichiarato Alfredo D’Attorre (Pd), ricordando che la stessa legge elettorale è basata “su un sistema monocamerale e quindi, fino a quando non entra in vigore la legge che elimina il bicameralismo perfetto, non può funzionare, altrimenti si corre il rischio di produrre “due maggioranze diverse tra Camera e Senato”.
Critico anche Gianni Cuperlo che pur ammettendo che “bisogna procedere, certo”, evidenzia che “bisogna tener conto che la riforma elettorale e quella costituzionale sono come i pedali di una bicicletta, che sta in piedi solo se si agisce su entrambi i pedali. Il Parlamento non è un latte a scadenza. La questione è dare una coerenza al modello istituzionale. E se si slegasse la legge elettorale dal destino della riforma costituzionale, allora il sospetto che si voglia accelerare per arrivare al voto somiglierebbe molto ad una prova”.
Parere favorevole invece da parte di Nuovo Centro Destra che addirittura propone di spostare l’entrata in vigore dell’Italicum al mese di gennaio 2017, così come ha sottolineato Gaetano Quagliariello.
Problematiche e tempistica
Se da una parte Renzi assicura che “comunque si voterà nel 2018” e che “le riforme procedono, vanno benissimo”, dall’altra l’iter della riforma al Senato potrebbe prolungarsi.
Infatti, sulla tempistica gravano non solo il tentativo di Calderoli di far slittare il termine per la presentazione degli emendamenti a dopo il via della sessione di bilancio ma anche molti cavilli e posizioni diverse all’interno dei stessi partiti di maggioranza, a cominciare dai fittiani di Forza Italia che in 18 hanno chiesto di parlare.
In base al cronoprogramma, il voto in commissione non arriverà prima del 23 dicembre.
Tra gli argomenti ancora in ballo ci sono, oltre alla “clausola di salvaguardia”, le questioni dei capilista bloccati e della possibilità di concedere l’apparentamento con altre liste dopo il ballottaggio.
Novità Italicum
Il nuovo sistema che si sta valutando è rappresentato dalla combinazione di premio di maggioranza e il doppio turno.
In base alle modifiche, il premio non andrà più ad una coalizione di liste ma solo ad una unica lista per cui si eliminano le soglie scontate e le coalizioni pre-elettorali. Tanto che è stata spostata la vecchia soglia dell’8% al 3% che potrebbe diventare il 4%. Ma grazie al premo di maggioranza viene garantita la governabilità senza penalizzare la rappresentatività.
Novità anche per la soglia del ballottaggio e del premio di maggioranza che passa dal 37% al 40%. Nel caso di ballottaggio, le due liste che sono state più votate al primo turno andranno al ballottaggio e vince chi avrà il 55% dei seggi.
Unico impiccio resta quello delle preferenze per cui si sta vagliando un sistema misto in cui i capilista, nei 100 collegi plurinominali previsti, sarebbero bloccati, mentre gli altri candidati verrebbero eletti con il voto di preferenza.
C.D.