LuxLeaks: nuove società favorite dal Lussemburgo

Jean-Claude Juncker presidente della Commissione Ue (JOHN THYS/AFP/Getty Images)
Jean-Claude Juncker presidente della Commissione Ue (JOHN THYS/AFP/Getty Images)

Lo scandalo LuxLeaks, quello sugli accordi fiscali illeciti di favore che il Lussemburgo avrebbe concesso a numerose multinazionali, si allarga e ai nomi delle 340 società che sarebbero state favorite dal governo lussemburghese e che sono stati diffusi dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, Icij (International Consortium of Investigative Journalism), che sul caso ha condotto un’approfondita inchiesta, se ne aggiungono di nuovi.

Si tratta di nomi importanti, alcuni dei quali sono stati riportati dal quotidiano belga Le Soir, partner internazionale del Consorzio Icij (tra gli altri madia partner ci sono il quotidiano francese Le Monde, il britannico Guardian e il settimanale italiano L’Espresso). Secondo Le Soir, 35 importanti scoietà, tra cui Skype, Disney e Telecom Italia, avrebbero ricevuto un trattamento fiscale di favore nel periodo 2011-2013, anni in cui era Primo Ministro del Lussemburgo Jean-Claude Juncker, attuale presidente della Commissione europea e promotore di un piano di lotta all’evasione fiscale in Europa. Il quotidiano belga scrive che Skype pagava tasse sul 5% dei profitti realizzati, mentre la multinazionale americana Disney pagava le tasse su appena lo 0,28% dei propri guadagni.

Ulteriori sviluppi sull’inchiesta che daranno, c’è da scommetterci, nuove grane al presidente della Commissione Ue.

L’inchiesta denominata “LuxLeaks”, i cui risultati sono stati resi pubblici un mese fa, è durata sei mesi e ha portato all’acceso di ben 28.000 pagine di documenti su accordi riservati cosiddetti di “tax ruling”, con i quali il governo del Lussemburgo e le multinazionali concordavano in anticipo il trattamento fiscale, prevedendo una tassazione particolarmente favorevole per le aziende che stabilivano la propria sede in Lussemburgo, a danno però degli altri Paesi europei dove le stesse società realizzavano di fatto i propri profitti. Un mese fa, il quotidiano francese Le Monde scriveva che dai documenti dell’inchiesta sarebbe emerso che le multinazionali “si appoggiano sul Lussemburgo e le sue norme fiscali morbide, ma anche sulle deficienze delle norme internazionali, per trasferirvi utili al fine di non vederli tassati, o tassati in misura molto esigua“. Una pratica alla quale dovrebbero mettere fine le nuove norme europee adottate ieri dall’Ecofin sullo scambio automatico di informazioni fiscali tra i Paesi europei.

V.B.