Trattativa, chiesti nove anni per Calogero Mannino

Calogero Mannino (screenshot Youtube)
Calogero Mannino (screenshot Youtube)

Si avvia verso la conclusione il processo per la presunta Trattativa tra Stato e mafia nei primi anni Novanta, che ha visto tra i testi il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Al termine di una lunga requisitoria, il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, insieme al collega Roberto Tartaglia, ha chiesto la condanna a nove anni di reclusione per l’ex ministro Dc Calogero Mannino, accusato del reato disciplinato dagli articoli 338 e 339 del codice penale, vale a dire violenza o minaccia ad un corpo politico dello Stato.

Secondo l’accusa, Mannino, già in passato accusato di avere rapporti con Cosa Nostra e assolto in Cassazione dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa, dopo un lunghissimo iter durato tre lustri, “non vi sono dubbi sulla comprovata responsabilità dell’imputato”, per il quale è stata anche chiesta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Teresi sottolinea come Mannino, ben quattro volte ministro in altrettanti governi, fosse “istigatore e ispiratore principale del contatto tra Mori, De Donno, e Cosa nostra perchè si riuscisse a evitare in qualche modo che la mafia lo ammazzasse”.

Sostanzialmente, secondo i pm che hanno sostenuto l’accusa nel processo, l’ex ministro democristiano “dopo la strage di Capaci era nel mirino della mafia. Perciò cominciò le sue interlocuzioni col Ros e interferì pesantemente col Dap per dare ai mafiosi quanto si poteva loro dare e per deviare i comportamenti politici e amministrativi delle istituzioni”. L’accusa attribuisce a Mannino una frase pronunciata subito dopo la morte di Salvo Lima, parlamentare e referente di Andreotti in Sicilia, il 12 marzo del 1992; l’esponente Dc, incontrando Nicola Mancino per i corridoi di Montecitorio, avrebbe affermato: “Ora tocca a me”.

Ispiratore della Trattativa

I pm, dunque, attribuscono a Mannino questo ruolo di “ispiratore” della Trattativa, sostenendo che evitare il suo omicidio “non è l’unico fine della trattativa, sarebbe riduttivo, ma è certamente l’unico fine di Mannino”. Per l’ex ministro, dunque, l’intento di salvare la pelle “rafforza con questo la determinazione di Mori, De Donno e Subranni a parlare con Riina”. Insomma, dice Teresi nella requisitoria, Mannino “vuole che Cosa nostra pensi ad altro, cinicamente pensi ad altri. Altre vittime, altre stragi, non Mannino”.

Per questo l’ex ministro democristiano sollecita “l’interlocuzione con Cosa nostra, ma anche con altri esponenti istituzionali, perchè bisogna scegliere la via dell’accordo”. Teresi ritiene ovviamente che quella fosse la strada sbaglia perché – è il duro monito del pm – “gli uomini dello Stato avrebbero dovuto cercare la strada per distruggere Cosa nostra, non quella di conviverci e coesisterci”.

 

GM