
La minoranza Pd, forte soprattutto di un certo consenso intorno alle prese di posizione sul Jobs act, oltre che della vittoria in Commissione affari costituzionali, riguardo un emendamento che abolisce i componenti del nuovo Senato di pertinenza del Capo dello Stato, non molla e rilancia la sua azione, tesa – a dire dei suoi stessi esponenti – a ridare centralità al Parlamento; a sottolinearlo i senatori Miguel Gotor e Carlo Pegorer che sostengono come un nutrito gruppo di parlamentari democratici “ha depositato nove emendamenti e otto subemendamenti alla legge elettorale che si propongono di migliorare anche alcune delle proposte della presidente Finocchiaro”.
Presentate pertanto proposte che “eliminano i capolista bloccati per restituire agli elettori italiani il diritto di eleggere i propri rappresentanti, come avevano promesso tutti i candidati alle primarie per la segreteria del Pd e come era stabilito nel programma elettorale delle elezioni politiche del 2013”. Inoltre, “ci proponiamo di limitare le pluricandidature, riducendole da 10 a 3 per evitare che il cittadino sia espropriato del diritto a vedere riconosciuto e finalizzato il voto che ha espresso. In terzo luogo chiediamo che sia riconosciuta una norma di salvaguardia che leghi l’entrata in vigore dell’Italicum al compimento della riforma del bicameralismo perfetto”.
Si propone quindi “la possibilità di apparentamento al secondo turno di ballottaggio, con il duplice obiettivo di evitare una deriva neocentrista del sistema politico italiano, che è bene conservi un assetto bipolare e competitivo, e di offrire una maggiore flessibilità al sistema”; un altro subemendamento prevede “la formazione di listini circoscrizionali, con cui sarebbero nominati il 25% dei deputati, mentre il restante 75% verrebbe eletto con preferenza nei Collegi plurinominali di limitate dimensioni per contenere i costi delle campagne elettorale”.
Proposta costruttiva e di mediazione
I due senatori spiegano che la loro è ” una proposta costruttiva e di mediazione che, non a caso, ha raccolto 34 firme tra i senatori del Partito Democratico (un terzo del gruppo) e un consenso trasversale alle diverse aree del partito, della minoranza come della maggioranza”. Non c’è nessun tentativo “di ostacolare quel necessario processo di modernizzazione e di riforme che deve essere fatto bene e in modo rapido”, chiosano i senatori democratici, “senza per questo concedere un inspiegabile diritto di veto a Verdini e a Berlusconi che gli attuali rapporti di forza, scaturiti dal voto del 2013, non giustificano politicamente”.
“Renzi si fidi del Parlamento”
Nel dibattito interviene anche Danilo Leva, vice responsabile organizzazione del Partito democratico e tra i leader di Area riformista, una delle più rappresentative correnti alternative a Matteo Renzi, il quale si rivolge al premier: “Abbia fiducia nel Parlamento. Siamo dentro un passaggio epocale in cui ad essere in gioco non sono gli equilibri interni al partito ma il destino del paese. Ed in questa fase c’è una coincidenza piena e straordinaria tra il Partito Democratico ed il futuro dell’Italia”.
Prosegue Leva: “E’ necessario, quindi, che il processo riformatore prosegua senza tentennamenti essendo, oggi, l’unico argine all’antipolitica ed al populismo. Ciò che è accaduto in prima commissione alla camera dei Deputati non è altro che un momento di dialettica parlamentare, a cui seguirà il confronto in aula che potrà apportare, tra l’altro, ulteriori modifiche”. L’esponente della minoranza Pd conclude: “Non servono minacce o nuovi scontri ma il lavoro faticoso per unire il Pd ed affrontare i problemi veri del Paese. L’Assemblea di domenica dovrà servire, dunque, a sostenere la sfida del cambiamento nella quale tutto il Pd è impegnato”.
GM