
Mentre il governo è al lavoro sui decreti attuativi del Jobs Act, la riforma del lavoro approvata a scatola vuota dal Parlamento, si fa l’ipotesi di licenziamento giustificato da scarso rendimento. Si tratterebbe di un caso di “giustificato motivo oggettivo” di licenziamento. Un’ipotesi che molto probabilmente susciterà diverse perplessità, se non altro sulle modalità con cui misurare il rendimento insufficiente sul posto di lavoro. Comunque, secondo il giuslavorista Pietro Ichino “già oggi la giurisprudenza è pacifica sul punto che lo scarso rendimento può costituire anche giustificato motivo oggettivo di licenziamento”.
Nel frattempo, i sindacati hanno promesso battaglia dopo le parole del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che durante l’incontro di ieri con le parti sociali aveva annunciato che sui decreti attuativi del Jobs Act il governo è disposto ad ascoltare ma non ci sarà nessuna trattativa. La leader dell Cgil Susanna Camusso ha accusato il governo di avere “un atteggiamento molto più arretrato del dialogo sociale che si svolge in Europa”. “Il governo sta lavorando per rendere del tutto inefficace la tutela della reintegra in tutti i casi che non sia il solo licenziamento discriminatorio”, ha detto ancora Camusso, aggiungendo: “L’impressione che abbiamo avuto è che si pensi che anche il tema dei licenziamenti disciplinari debba avere una efficacia zero dal punto di vista della reintegra“.
In effetti, proprio sui licenziamenti disciplinari, il governo punta ad una modifica di quanto già previsto dalla precedente riforma Fornero, prevedendo il reintegro nel posto di lavoro solo nel caso in cui il licenziamento disciplinare sia ingiustificato per la “non sussistenza del fatto materiale”. Mentre la norma attualmente in vigore prevede il reintegro qualora il fatto non sussista (il semplice fatto, senza indicazione materiale) e quando il licenziamento disciplinare ingiustificato rientra tra le condotte punibili con la sanzione del reintegro sulla base dei Contratti collettivi nazionali oppure dei codici disciplinari applicabili. Nei decreti attuativi, il governo vuole eliminare queste ipotesi, definendo nel dettaglio quella sul “fatto materiale” e valuta comunque anche l’introduzione della possibilità per il datore di lavoro di scegliere, in caso di licenziamento disciplinare ingiustificato tra reintegro del lavoratore o pagamento di un indennizzo, magari più alto. Si tratta della cosidetta clausola di “opting out”, in vigore in Germania e in Spagna.
Gli aspetti della riforma del lavoro da precisare con i decreti attuativi comunque non sono pochi e daranno ancora molto lavoro al governo, che comunque conta di presentare almeno una bozza con la regolamentazione del nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti per la riunione del Consiglio dei Ministri della mattina del 24 dicembre.
V.B.