Il piede trovato nell’Aniene era di “un uomo cattivissimo”

Gabriele Di Ponto (Facebook)

Era un uomo cattivo, cattivissimo dicono di lui. Suo il piede  trovato nell’Aniene. Un arto contrassegnato da due tatuaggi rivelatisi utilissimi, che per qualche giorno sono serviti da traccia  per trovare il corpo a cui apparteneva o, meglio, il nome.  Perché nessuno sarebbe comparso per rivendicare la proprietà di quel referto, certo. Un piede non si perde per caso. Ma c’era un particolare che evidenziava il segno della violenza più cupa: quel piede era stato staccato brutalmente dal corpo e tutto lasciava pensare che anche il resto avesse fatto la stessa fine. Una fine cercata, si direbbe a Roma, dopo che  il referto ha trovato l’identità, un appartenenza risolta rivolgendosi al passato. Il piede era di Gabriele Di Ponto, 37 anni. Tifoso della Lazio, frequentatore della Curva Nord. L’uomo aveva tatuata tra caviglia e polpaccio la scritta «Oggi è un bel giorno per morire»;  sul lato interno del piede  «SS Lazio» e la mascotte Mister Enrich, che di fortuna ne ha portata poca. Il piede era stato nel fiume 48 ore. Gli investigatori hanno cercato tra le denunce di persone scomparse di cui i familiari avevano riferito la presenza di tatuaggi sul corpo e la fede calcistica. Un segno forse ancora più indelebile. Tra questi c’era lui, Gabriele. Un predestinato. Una sua ex convivente ha riconosciuto senza esitazioni la scritta “Oggi è un bel giorno per morire” impressa sulla sua pelle fin dagli anni 90 con ago da cucire ed inchiostro di china, quando era in carcere. Perché Gabriele prima che una parte di sé finisse nell’Aniene era passato anche di li.

Il passato

Si è venuto a sapere che trafficava con i boss della Rustica e di San Basilio e aveva precedenti per spaccio e rapina. Molti anni prima qualcuno gli sparò all’anca destra e da allora aveva difficoltà a camminare. Quei piedi hanno segnato i passi di un uomo dall’andatura incerta che tuttavia andava speditamente incontro al suo destino. Alcuni anni fa venne arrestato con l’accusa di essere un rapinatore seriale di farmacie. Per i colpi si presentava armato di accetta. Un’arma da taglio, e anche questo dice qualcosa. La prima rapina l’aveva fatta a 18 anni. Ricordano di quell’inizio che Gabriele si era coperto il volto con una maschera di Pulcinella. Altri dicono no, la maschera retraeva Arlecchino. Comunque sia dietro c’era lui.  Un’arma in pugno e una beffa a coprire il viso. Dopo si è sposato, Gabriele: una ragazza di origini tunisine, che lo ha piantato dopo un mese. Certo non gli declamava poesie. Le mani e piedi parlarono il linguaggio più sbrigativo e violento in quei pochi giorni. Che tipo fosse lo si era capito da prima: «Appena l’ho visto, ho capito che poteva essere pericoloso Quel giorno neanche ci volevo andare al matrimonio» ricorda  il suocero di Gabriele Di Ponto «ora la mia bambina è all’estero; l’ho mandata in Francia per evitare che le facesse ancora del male. Io una persona così cattiva non l’ho mai vista. La morte non la auguro a nessuno. Ma ora spero che mia figlia possa cominciare una nuova vita».

Gli ultimi post

Non si avevano sue notizie dal 24 luglio, data del suo ultimo post su Facebook. Sul suo profilo scriveva di  galera  – «Meglio in cella, in silenzio, che a fare l’infame» «Meglio la vita in quattro mura, che fare il cantante in Questura» – e mostrava un corpo contrassegnato da tatuaggi: un teschio, una ragnatela, una pistola. Con il senno di poi l’ abecedario della predestinazione. La morte di Gabriele era annunciata e violenta: probabilmente un regolamento di conti  per mancate spartizioni di denaro. Rapine ed estorsioni, pensano gli inquirenti, il suo pane. Ma non si esclude che  sia finito in un altro brutto giro, forse droga: San Basilio e dintorni  dove scorre l’Aniene, forse tra le ultime cose che ha visto. Ora rimane la prova del dna per sciogliere gli ultimi dubbi, che sono pochi come gli amici di Gabriele mentre gli altri, quelli che lo odiavano, dovevano essere tanti. Ma forse ne è bastato uno, più cattivo di lui. E’ finita in beffa e in tragedia, come la prima vota, quella con la maschera. Lo sberleffo viene da quel tatuaggio sul piede. Il destino ha scelto il giorno giusto ed ha assestato il colpo definivo ad un uomo che per troppo tempo ha scalciato violentemente contro la vita.

Armando Del Bello