
Abdullah al-Kurdi, il papà del piccolo Aylan morto sulla spiaggia turca dove cercava la salvezza, ha rifiutato l’offerta di ospitalità da parte del Canada e ha scelto di tornare in Siria, a Kobane, per seppellire lì il figlio di 3 anni, l’altro figlio di 5 e la moglie e per rimanere definitivamente lì a vivere.
L’uomo aveva intrapreso il viaggio con la sua famiglia con l’obiettivo di raggiungere il Canada dove avrebbe trovato ad attenderlo la sorella grazie alla quale avrebbe potuto ottenere l’asilo politico. Il destino invece aveva previsto qualcosa di diverso e di terribile per questa famiglia che sfuggiva alla guerra e ha incontrato la morte. La foto del corpicino del piccolo Aylan ha fatto il giro del mondo ed è già diventata il simbolo di tutto quello che non vorremmo vedere e di tutta la disperazione che permea questa emergenza profughi, un problema europeo e mondiale che troppo lentamente qualcuno sta tentando di risolvere.
Nel frattempo migliaia di persone disperate affrontano il mare, il caldo, la fame e la sete per sfuggire dal loro Paese e troppo spesso non arrivano vivi a destinazione. L’uomo ha raccontato così com’è accaduto il loro incidente: “I miei bambini mi sono scivolati dalle mani. Avevamo dei giubbotti di salvataggio, ma all’improvviso la barca si è capovolta, perché alcune persone si sono alzate in piedi. Tenevo la mano di mia moglie, ma i bambini mi sono sfuggiti”.
F.B.
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