Chiariamo subito. Gino Paoli non riceverà il vitalizio solo per quanto riguarda i due anni in cui è stato presidente della Siae. Per il periodo precedente continuerà a percepire la sua pensione d’oro. Ma a lui non sta bene. Il noto cantautore genovese ha dovuto restituire i 42mila euro netti percepiti nei 21 mesi in questione. Ma ha subito inoltrato appello alla Camera per poter mantenere il doppio assegno. Oggi è arrivato il pronunciamento del collegio che ha sancito che “la carica alla Siae è incompatibile con il mandato parlamentare”.
Tutta la vicenda era iniziata nel dicembre del 2013, quando i questori di Montecitorio decisero di sospendere i 2.019 euro netti che Gino Paoli percepisce fin dal 1994 per aver fatto una sola legislatura da deputato del Partito comunista italiano nel periodo 1987-1992. A quella decisione uniscono la richiesta di restituzione dei 42mila euro erogati durante la sua attività alla Siae. Ora il suo ricorso è stato bocciato, ma Gino Paoli può lo stesso consolarsi. Infatti da quando si è dimesso dal suo incarico alla guida degli autori e degli editori ha ricominciato a percepire il proprio vitalizio. Poco importa che quei soldi per soli 5 anni di “lavoro” in Parlamento siano un’enorme ingiustizia sociale.
F.B.