Non rispettano il minuto di silenzio, la preside difende le ragazze musulmane

Studentesse (Sean Gallup/Getty Images)
Studentesse (Sean Gallup/Getty Images)

Lunedì scorso, a Varese, un gruppo di studentesse che frequentano l’Istituto tecnico commerciale ‘Daverio’ hanno lasciato la loro aula durante il minuto di silenzio per le vittime di Parigi. Secondo quanto si era appreso, le ragazze erano di religione musulmana, circostanza rivelatasi poi vera solo in parte. La vicenda è finita sotto i riflettori dell’opinione pubblica e anche la locale Digos intende vederci chiaro sull’episodio, che si è verificato a pochissime ore dai tragici eventi che hanno sconvolto la Capitale francese e l’intero mondo occidentale.

Nelle scorse ore, Nicoletta Pizzato, preside dell’istituto, conversando con l’Ansa, ha spiegato di voler provare a capire le motivazioni delle sei giovani, che si sono rese protagoniste di quest’episodio, di certo poco piacevole: “Volevano capire perché commemorare solo Parigi e non l’aereo russo o Beirut; il gesto è stato una richiesta di aiuto a capire quale sia la discriminante nella valutazione dei morti; la scuola deve educare, formare e raccogliere gli interrogativi posti dagli alunni”.

La preside ha poi aggiunto: “Non dirigo una scuola di terroristi o di pericolosi estremisti. Nella scelta dei ragazzi non c’era alcun intento polemico. Non si è trattato solo di ragazze marocchine, ma di studenti di diverse nazionalità e di varie fedi religiose”. Da parte sua, il sindaco leghista di Varese, Attilio Fontana, accusa la dirigente scolastica: “Quella della preside mi sembra una pseudo-giustificazione nata da una mente malata, un tentativo di arrampicarsi sui vetri. Mi sembra evidente che l’episodio dell’aereo e quello degli attentati di Parigi siano molto diversi”.

Il primo cittadino ha aggiunto: “Dal mio punto di vista è molto preoccupante che dei ragazzi si siano comportati in questo modo, schierandosi di fatto dalla parte dei terroristi. Non credo che sia tutta farina del loro sacco e questo dovrebbe spingerci a interrogarci sulle loro famiglie e sul tipo di ambienti che frequentano. Il loro atteggiamento travalica ogni altra considerazione”.

GM