
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a pochi giorni dall’incidente del jet russo sembra preso da disorientamento e incertezza sempre maggiori. I rendiconti delle iniziative diplomatiche ci restituiscono l’immagine di un leader forte in Turchia quanto inaffidabile e ondivago nello scacchiere mediorientale. Un’ambiguità tremenda, quella di Ankara, che l’abbattimento del jet russo ha svelato impietosamente: dal tentativo di costruirsi un alibi prima dell’incidente, lamentando in sede internazionale gli sconfinamenti dei raid russi in Siria, al tentativo di tratteggiarsi come leader forte in grado di alzare la voce con la Russia, nonostante la dinamica dell’incidente non sembrasse affatto risolversi a favore della versione da Ankara. Nelle ore successive la Turchia aveva apparentemente tenuto il punto facendo la voce grossa: “È nostro diritto internazionalmente riconosciuto adottare tutte le misure necessarie contro chiunque violi il nostro spazio aereo o le nostre frontiere” aveva affermato il premier turco Ahmet Davutoglu. Nelle stesse ore tuttavia Erdogan chiamava Vladimir Putin, rivela il portavoce Dmitri Peskov. Dallo staff del Cremlino spiegano: Putin non ha risposto alle richieste di Erdogan di avere una conversazione telefonica con lui per la «mancanza di prontezza da parte turca a porgere le scuse più elementari». A riferire il dettaglio consigliere di Putin, Iuri Ushakov. Il tentativo di ricucire da parte turca avveniva ad un livello più basso; nelle stesse ore il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu contattava l’omologo russo Serghiei Lavrov.“Il ministro degli Esteri turco ha offerto le proprie condoglianze alla Russia e ha espresso rammarico per l’incidente, ma allo stesso tempo ha tentato di giustificare l’azione intrapresa dall’aviazione turca” spiegava Lavrov. Un contatto prossimo alle scuse, da parte di Anakra, con il presidente Erdogan che quasi in simultanea dichiarava: “Non abbiamo assolutamente alcuna intenzione di provocare una escalation dopo questa vicenda”.
“Non avete prove della nostra complicità con l’Isis”
Un atto di contrizione incompleto e ambiguo perché evitava l’ammissione di responsabilità. Al Cremlino non bastava. La Russia preparava quindi l’iffensica: guerra commerciale alla Turchia, richiesta ai russi in terra turca di fare immediato ritorno in patria, rafforzamento del contingente in Siria, raid a tappeto al confine tra Turchia e Siria, offensiva diplomatica di Putin per togliere la terra sotto ai piedi di Erdogan. E il presidente turco ieri reagiva rabbiosamente con dichiarazioni tra il puerile e il surreale “L’atteggiamento del nostro Paese nei confronti dell’Isis è stato chiaro fin dal principio, non c’è nessun punto interrogativo: nessuno ha il diritto di mettere in dubbio la lotta della Turchia allo Stato Islamico” dichiarava in risposta alle dichiarazioni del premier Dmitry Medvedev che aveva attaccato Ankara e la sua complicità con l’Isis “La nostra lotta contro prosegue in modo attivo ed ininterrotto, la Turchia è quasi il solo Paese a combattere veramente contro l’Isis” continuava Erdogan “Coloro che ci accusano di acquistare del petrolio dall’Isis hanno l’obbligo di provare le loro accuse, altrimenti si tratta di calunnie” e sfiorava il ridicolo. Perché bastava il ricordo di Kobane, la città curda martoriata dall’Isis al confine con la Turchia mentre Erdogan non muoveva un dito, a denudare impietosamente Ankara e la sua politica a due facce giunta ad un bivio mortale. Erdogan ha tentato l’azzardo, dunque, ma ha sopravvalutato se stesso ed ha drammaticamente sottovalutato la Russia.. Mosca non si sposta di un millimetro dalle sue posizioni: ogi il presidente della Commissione Difesa della Duma, Vladimir Komoiedov ha reso noto alla Tass che la Russia sospenderà per un tempo indefinito la sua partecipazione alle esercitazioni navali sul Mar Nero «Blackseafor» perché vi partecipa anche la marina militare turca; è una “risposta all’abbattimento del jet russo” ha chiarito Komoiedov.
Mosca non rispnde
Una delle tante, viene da dire. E dell’incidente al confine con la Turchia è tornato a parlare ministro degli Esteri russo «È assolutamente essenziale – ha detto Serghiei Lavrov in conferenza stampa congiunta a Mosca con la controparte siriana Walid Muallim – che il gruppo i cui criminali hanno sparato al nostro pilota dopo che questi si era catapultato e stava scendendo col paracadute, e che dopo ne hanno umiliato il corpo, siano inseriti nella lista delle organizzazioni terroristiche”. Lavrov ha annunciato che la Russia sospenderà il regime di esenzione dall’obbligo dei visti con la Turchia a partire dal prossimo primo gennaio. Un altro segnale durissimo da parte del Cremlino. Ed ecco che Erdogan torna ancora sui suoi passi, chiedendo di incontrare Putin, a margine dell’apertura summit sul clima, lunedì prossimo a Parigi. Nello stesso tempo il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, chiede al suo omologo russo, Sergei Lavrov, un incontro il 3 o il 4 dicembre a Belgrado, a margine della riunione ministeriale dell’Ocse, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Mosca non ha ancora risposto e non è certo quando e come rispenderà. Certo è che nessuno, tra i vari capi di governo, vorrebbe essere al posto di Erdogan in questi giorni e in quelli a venire.